Aree

I Black Lips infiammano lo Studio Foce: “Tra esuberanza e maniera”

Generico

Recensione live di Matteo Montini e Paolo Cattaneo

Il tempo passa per tutti, si sa.

I Black Lips che salgono sul palco dello Studio Foce – che apre la stagione con una vera bomba, gliene va dato atto – non possono per forza di cose essere lo stesso complesso incoronato ‘miglior garage band al mondo’ per i live infuocati nella prima parte degli anni 2000; quelli che si esibiscono nel locale più pericoloso di Tijuana davanti a una folla inferocita, rendendosi conto della magia e del magnetismo di quel live decidono di pubblicare la registrazione di quello storico concerto (Los Valientes del Mundo Nuevo, che oltre ad essere il loro maggiore lascito discografico è anche uno dei dischi live più significativi della nostra epoca); quelli del famoso tour cancellato in India, con addirittura la polizia alle calcagna per un concerto nella regione del Chennai, oltraggioso e pieno di ogni nefandezza quanto basta per darsela a gambe e passare il confine in notturna per evitare il mandato d’arresto della polizia locale: quelli di interi tour cancellati per comportamenti definiti “non accettabili” dalle autorità locali.

Da quel punto in poi, la parabola lievemente in discesa. Album in studio pregevoli, ma senza quella carica e quell’imprevedibilità dei primi lavori: il cambio di rotta si ha con Arabia Mountain, del 2011 per Vice Records e con l’esperto Mark Ronson in cabina di regia. Un album ancora ispirato, ma ripulito nei suoni e quasi edulcorato, nella trasformazione da collezioni di blasfeme e luride schegge garage a uno zibaldone anni ’60, stracolmo di citazioni rock’n’roll, accenni punk rock, nuggets psichedelici e indianate d’ogni tipo, nella ricerca di una eterogeneità costretta a sacrificare, però, la carica iconoclasta e l’imprevedibilità schizofrenica degli anni passati.

Il live allo Studio Foce di Lugano può facilmente rappresentare questa trasformazione nel tempo: nessun eccesso, nefandezza o posa oltraggiosa – anche se il clima tra le prime file è decisamente caldo, con la parte più giovane di pubblico che non sospende il pogo nemmeno per un attimo e pure qualche accenno di crowdsurfing, con una genuina esuberanza che nel corso dell’ultimo anno mi é capitato di vedere solo al concerto di un altro fuoriclasse come Mac DeMarco -, ma tanta professionalità da garage band navigata e addirittura una perizia tecnica che non mi sarei aspettato. Certo, per tutta la durata del live volano bicchieri di birra e rotoli di carta igienica, ma l’impressione che da parte dei ragazzi ci sia tanto mestiere e, se vogliamo, anche maniera, è innegabile. La magia e il magnetismo dei Black Lips riemergono con prepotenza quando, piuttosto, riaprono il canzoniere e tirano fuori la corale Dirty Hands e una Sea of Blasphemy potente e sparata a mille: è dalla riproposizione di questi storici pezzi, che stanno nell’olimpo delle canzoni rock’n’roll della nostra epoca, che si capisce che la band è ancora in forma smagliante. E quando i ragazzi chiudono il bis con Modern Art possiamo lasciare lo Studio Foce con il sorriso sulle labbra,consapevoli di avere comunque avuto davanti un pezzo di storia, e di poter a questo punto perdonare i ragazzi di Atlanta: sebbene nel pieno della loro fase senile, sono ancora un bel sentire.

 

Paolo Cattaneo – Matteo Montini

commenta