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“Una buca, 5 centimetri d’aria”, il rapimento di Cristina Mazzotti nel libro di Emilio Magni

2 marzo 2025 | 13:30
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“Una buca, 5 centimetri d’aria”, il rapimento di Cristina Mazzotti nel libro di Emilio Magni

Alla Feltrinelli la presentazione del libro di Magni torna su uno dei rapimenti che nel periodo dei sequestri di persona sconvolse l’Italia intera

In prossimità della Giornata Internazionale della Donna la vicenda di Cristina Mazzotti, nel racconto di Emilio Magni, assume un ulteriore significato; il pensiero rivolto a tutte coloro che hanno lottato, sofferto, resistito ma, purtroppo, non ce l’hanno fatta.

Un libro su un caso giudiziario che, dal 1975, arriva fino a noi; attraverso il nuovo processo, iniziato nel 2024 e tutt’ora in corso, dei presunti esecutori materiali e dell’ideatore del rapimento di Cristina Mazzotti; attraverso un libro, quello del giornalista Emilio Magni “Il rapimento di Cristina Mazzotti. Una buca, 5 centimetri d’aria”, ed. Mursia, che mercoledì 5 marzo alle 18 verrà presentato alla libreria Feltrinelli di via Cesare Cantù 17 a Como.

Magni a quei tempi era un giovane cronista del quotidiano La Provincia di Como; “Avevo un debito con questa ragazza – racconta all’indomani di questa pubblicazione – perché la conoscevo molto bene”. Come amico di famiglia e come cronista, completamente coinvolto in questa vicenda, al punto da sentire su di sé tutti gli sguardi spaesati e in cerca di notizie dei concittadini”.

Il giornalista abitava a una cinquantina di metri dalla villa di Eupilio del nonno di Cristina, Alberto Airoldi, ed era amico dello zio Marco; la conosceva quindi da quando era piccola, ma non solo. Una volta cresciuta gli capitava di vederla seduta sui gradini del bar Bosisio, il posto dove si recavano i ragazzi della zona negli anni ‘70.
Anche la sera prima di essere rapita Cristina era seduta su quei gradini che oggi, a distanza di cinquant’anni dal suo omicidio, vengono saliti per entrare nella banca che ha sostituito il bar.

Chi è di voi Cristina Mazzotti? Sono io.

Cristina, che viveva a Milano, fu sequestrata in un agguato avvenuto nella notte fra il trenta giugno e il primo luglio del 1975 sulla strada per tornare dai nonni; era insieme al ragazzo e a un’amica, che vennero successivamente rilasciati in un luogo isolato in mezzo ai boschi, mentre lei fu trasferita in una cascina a Castelletto sopra Ticino, nel Varesotto. Relegata in una buca senza luce che conteneva a malapena il suo corpo, un’unica cannuccia di plastica dal diametro di cinque centimetri per respirare, le gocce di Valium per tenerla tranquilla e degli eccitanti per farla rinvenire, quando doveva scrivere a casa. A copertura di quella angusta prigione, una lastra di cemento di 75 centimetri per 61. Cristina ha resistito in queste condizioni per circa 28 giorni.

Un obiettivo di questo libro è proprio togliere Cristina da quella buca, luogo in cui tutti gli italiani l’hanno immaginata negli ultimi momenti di vita, e restituire al mondo la visione di una ragazza allegra, solare, che festeggia insieme agli amici la promozione al liceo. Attraverso i racconti di chi le ha voluto bene, come Emanuela Luisari – con lei la sera del rapimento – e la cugina Laura Saviano, figlia del medico che riconobbe il suo cadavere rinvenuto in una discarica nelle campagne di Galliate, in provincia di Novara.

In quegli anni il direttore del quotidiano La Provincia era Gianni De Simoni che, dal racconto di Magni, seguiva i sequestri di persona “come se le vittime fossero dei suoi figli”. Fu lui, la sera del ritrovamento, a comunicare la terribile notizia al papà di Cristina. La sera in cui molte famiglie, a Eupilio, uscirono di casa per avere notizie e poi stringersi insieme nel dolore.
La ‘ndrangheta, con la collaborazione di personaggi locali, ha dimostrato di possedere una crudeltà inaudita, dice Magni, e anche di stupidità; quando una persona è stupida risulta più pericolosa di una persona intelligente. Perché Cristina è stata lasciata morire per incuria e indifferenza.

Dopo mezzo secolo dal dramma che si consumò fra Erba ed Eupilio, e che coinvolse tutta un’Italia attonita, impotente nei confronti di quel primo sequestro al femminile a scopo di estorsione in Lombardia, nel settembre 2024 il caso è tornato in tribunale grazie alle nuove tecnologie. In particolare l’Automated Fingerprint Identification System (Afis), un sistema automatizzato di identificazione delle impronte. Come quella ritrovata nell’abitacolo della Mini Minor che guidava l’amico di Cristina quella sera.
L’altro obiettivo del libro è proprio questo: ripercorrere i vari gradi di processo e le condanne dei carcerieri di Cristina – scappati durante un permesso dalla Casa Circondariale di Perugia e riacciuffati in Costa Azzurra – e dare risonanza al processo in corso, che riguarda invece i presunti rapitori della ragazza.
Infatti, nonostante siano stati scoperti e condannati quasi tutti i componenti della banda – il procedimento iniziato nel 1976 portò a 17 condanne di cui otto ergastoli in primo grado – la completa soluzione del caso non c’è ancora.

Questo capitolo giudiziario, e il libro di Emilio Magni, tornano a parlarci della ferocia che può raggiungere il comportamento umano, ma anche di verità e giustizia.
Insieme a domande che il tempo non ha cancellato. Come il punto interrogativo sulla tomba della giovane, sepolta insieme al padre e alla madre, alla voce: data di morte.

Emilio Magni, storico giornalista e redattore a “La Provincia” e “Il Giorno”, è da sempre appassionato alle tradizioni della sua terra, la Brianza. Con Dominioni Editore ha scritto un libro sul dialetto, L’è tua, l’è mia, l’è morta a l’Umbria (2008) e ha pubblicato diversi romanzi e raccolte di racconti: Grappino Armandolato (2013), Salvami Bel Reuccio (2015) e Baci di contrabbando (2017).

Mercoledì 5 marzo alle 18, presso la libreria Feltrinelli di via Cesare Cantù 17 a Como, per Aspettando Parolario presentazione del libro “Il rapimento di Cristina Mazzotti. Una buca, 5 centimetri d’aria”, ed. Mursia. L’autore dialogherà con il giornalista e scrittore Mario Schiani.

Evento a ingresso libero

Sabrina Sigon