Taccuino letterario del 24 giugno 2022

24 giugno 2022 | 15:05
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Taccuino letterario del 24 giugno 2022

Parolario&Co. è una rubrica settimanale di consigli di lettura realizzata in collaborazione tra Associazione Culturale Parolario, giornale La Provincia di Como e Ciaocomo radio con il patrocinio del Consiglio di Regione Lombardia. Si ringrazia Confindustria Como, Fondazione Volta e BCC Cantù

Iniziamo questa puntata di Parolario & Co con uno di quegli anniversari davvero da ricordare. Oggi parliamo del Bloomsday, commemorazione che si tiene annualmente il 16 giugno a Dublino ed in altre parti del mondo per celebrare lo scrittore irlandese James Joyce. La festività rievoca gli eventi dell’Ulisse, il suo romanzo più celebre, che si svolge in una sola giornata, il 16 giugno 1904, a Dublino. Quest’anno, però, l’anniversario vale doppio: perché la prima edizione integrale dell’Ulysses uscì proprio nel 1922, esattamente 100 anni fa.

L’origine del Bloomsday risale al 1954, quando un gruppo di scrittori irlandesi ammiratori di Joyce uscirono per le strade di Dublino il 16 giugno con lo scopo di ripercorrere i passi del protagonista nel libro e di visitare nuovamente i posti descritti nel romanzo, rileggendo anche i brani tratti dal libro.

Questa tradizione si è protratta nel corso degli anni ed è nata l’abitudine di festeggiare la ricorrenza del Bloomsday, organizzando diversi eventi tra cui letture in costume dell’Ulisse, ma anche passeggiate per Dublino, ripercorrendo i luoghi del romanzo, a partire dal Davy Byrne’s pub.

Inoltre, in tutta la città sono organizzati diversi eventi culturali e molti celebrano la giornata anche con colazioni e pranzi a tema.

Considerato uno dei romanzi più importanti della letteratura del XX secolo e pietra miliare nella genesi del romanzo moderno, Ulisse è la storia di una giornata, il 16 giugno 1904, di un gruppo di abitanti di Dublino. Joyce ha scelto tale data perché fu il giorno in cui Nora Barnacle, futura moglie, capì di essere innamorata di lui. Incrociando in modo apparentemente casuale le vite degli altri, i personaggi ne determinano lo svolgimento e lo descrivono, attraverso un continuo monologo interiore.

Nel romanzo Leopold Bloom, ebreo irlandese, è un piccolo borghese, impegnato a tradire la moglie Molly da cui è tradito. I suoi orizzonti sono limitati, ha slanci lirici di breve respiro, si adatta alle condizioni di marito tradito e, in affari, accetta qualsiasi compromesso possa portargli qualche vantaggio (inclusa l’eventualità di vendere foto della moglie nuda). Al polo opposto c’è Stephen Dedalus, colto, spirituale, estetizzante, problematico. Verso la fine del romanzo si trovano assieme in un bordello e – dopo un parossismo allucinatorio che anticipa molti “stati alterati di coscienza” della letteratura contemporanea – la narrazione si conclude con un magistrale monologo interiore, in otto lunghi periodi senza punteggiatura, che sintetizzano i pensieri di Molly Bloom. Qui, attraverso il flusso della coscienza femminile, vengono ridimensionate e profondamente radicate, nella terrena esperienza matriarcale, le deviazioni sensuali di Bloom e l’ossessione intellettuale di Stephen.

Come nell’Ulisse di Omero, anche in quello di Joyce l’eroe rappresenta l’avventura dell’uomo nel mondo. Il protagonista, viaggiando, costruisce la propria identità, arricchendosi delle diversità con cui entra in contatto, senza risultarne distrutto o assorbito. Inoltre, proprio come nell’Odissea omerica, l’opera di Joyce non ha come punto di riferimento esclusivamente la soggettività della poesia, ma la cultura e la storia. La giornata-odissea del Signor Bloom rappresenta il “naufragio” della società contemporanea. Molti sono i fattori che convivono e si scontrano nella Dublino attraversata da Bloom: Omero e gli eventi quotidiani, l’Irlanda e la liturgia cattolica, le memorie della Scolastica e l’antropologia, i processi fisiologici e i riti sociali. Il manoscritto autografo di Joyce del romanzo è conservato presso il Rosenbach Museum and Library di Philadelphia.

La pubblicazione del libro ha avuto notevolissimi ritardi negli Stati Uniti, in Inghilterra e nella stessa Irlanda, dove sarà pubblicato solo nel 1966. La censura dei circoli conservatori, ne ha proibito finanche l’importazione, con l’accusa di oscenità, a Parigi, ignoti hanno comprato l’intera partita di libri pubblicati, e l’hanno bruciata. Nel maggio del 1918 Joyce annunciava che Ulisse sarebbe stato pubblicato a puntate e che si aspettava che il libro fosse finito entro l’estate del 1919. Tuttavia, vari ritardi portarono a rinviare di anno in anno la data di pubblicazione. La prima pubblicazione appare a puntate dal marzo 1918 sulla rivista statunitense “The Little Review”, ma viene interrotta quando esce il tredicesimo capitolo: “Nausicaa” nel luglio 1920. La rivista riceve una querela per pubblicazione di materiale osceno e deve difendersi. Nel giugno 1920, da Trieste, Joyce si trasferisce a Parigi con la famiglia. Qui completa la stesura dei capitoli finali. Il capitolo più lungo è il quindicesimo: Circe (174 pagine), che viene completato nel dicembre del 1920, dopo aver scritto e accantonato otto progetti preliminari. La scrittura degli ultimi tre capitoli, che l’autore dichiara di voler semplificare, lo impegna per circa un anno. Finalmente, nel 1922 il libro viene pubblicato a Parigi, e Joyce inizia una lotta estenuante (destinata a durare quattordici anni) per poterlo pubblicare integralmente nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Le travagliate vicissitudini editoriali hanno fatto della prima edizione di Ulisse un cimelio quasi inestimabile. Nel giugno del 2009 a Londra una prima edizione del volume è stata venduta per più di 300 mila euro. Si tratta però di una copia davvero speciale. Fa parte della prima tiratura, è firmata dall’autore, ed è uno di quei volumi e venne introdotta “clandestinamente” negli Stati Uniti. È anche praticamente integra, segno che non fu mai letta.

Le prime edizioni non in lingua inglese del romanzo furono, invece, quella in tedesco del 1927 e quella in francese del 1929. Joyce criticò molto quella in tedesco e la ripudiò poiché l’editore, che aveva fretta di stampare il libro, non lo mise in contatto il traduttore. Anche quella francese non piacque all’intellettuale irlandese, disse che faceva apparire Leopold Bloom come un «mutilato di guerra». In spagnolo uno dei primi traduttori dell’Ulisse fu Jorge Luis Borges che ne tradusse alcune parti sin dal 1924. Esiste anche una traduzione in cinese firmata dallo scrittore e giornalista Xiao Qian. Un’opera quasi inimmaginabile che Xiao ha avuto l’ardire di intraprendere nel 1990 a 80 anni compiuti e ha concluso nel 1995.

Ovviamente la traduzione in italiano è stata un’impresa che rievoca anch’essa le avventure omeriche. Come ha ricordato lo scrittore e traduttore Flavio Santi in un saggio scritto per la Treccani, la prima fu opera del traduttore Giulio de Angelis che portò all’edizione italiana integrale del 1960. Hanno fatto seguito quella di Enrico Terrinoni (con Carlo Bigazzi) nel 2012, e di Gianni Celati realizzata nel 2013 per Einaudi. Ne esiste una quarta, quella del 1995 di Bona Flecchia per la Shakespeare and Company, un oggetto di culto tra i bibliofili, poiché venne ritirata quasi subito dal mercato per questioni di diritto d’autore.

Se volete leggere (o rileggere) il capolavoro di Joyce oggi, vi consigliamo di farlo con l’ultima edizione, pubblicata nel 2020 dalla Nave di Teseo, a cura di Mario Biondi, scrittore, poeta, critico letterario, narratore di viaggio e traduttore, mentre, per conoscere un po’ di più il celebre autore, Il segreto di Lucia Joyce,scritto da Luigi Guarnieri ed edito sempre da La Nave di Teseo è un libro da non lasciarsi scappare. Nata a Trieste nel 1907, secondogenita di James e Nora Joyce, Lucia vive la sua infanzia con i genitori e il fratello Giorgio in precarie condizioni economiche. Dopo Trieste inizia un peregrinare continuo tra Parigi, la Svizzera – soprattutto Zurigo – e qualche breve ritorno in Irlanda. È a Parigi che Joyce entra in contatto con scrittori, artisti, esponenti dell’alta borghesia e generose benefattrici. In questo contesto – un tenore di vita al di sopra delle reali possibilità dello scrittore, un successo che stenta a decollare ma un fervente interesse per la sua opera da parte di alcuni estimatori di eccezione, una routine familiare delirante – Lucia e Giorgio crescono in uno strano rapporto di simbiosi. Così il matrimonio di Giorgio è vissuto come un abbandono da Lucia, che viene anche rifiutata da tre uomini nel giro di breve tempo (tra cui Beckett e lo scultore Calder). L’unico ambito in cui riesce a esprimere sé stessa è la danza: frequenta corsi teatrali e coreutici, stringe amicizie femminili che le sono di ispirazione e si inserisce in ambienti artistici molto lontani da quelli del padre. Il primo crollo psichico segna per lei l’inizio di un calvario che, tra cliniche e manicomi, terapie sperimentali, psicanalisi junghiana, diagnosi contraddittorie e mai verificate, durerà tutta la sua vita. Scoprire il segreto dell’oscura malattia mentale di Lucia, della quale Joyce continuerà sempre a sentirsi colpevole, diverrà per l’autore dell’Ulysses una vera ossessione, che non gli darà mai tregua e rischierà di distruggerlo. Luigi Guarnieri ricostruisce e racconta il rapporto singolarissimo tra l’eccentrico James Joyce e la figlia da lui molto amata con commossa e coinvolgente partecipazione, conducendo un’affascinante indagine letteraria sull’arte, i sentimenti e le vicissitudini del grande scrittore e della sua famiglia.

Lasciando, ma solo per un momento, il nostro Joyce, ci sono altri tre libri che meritano la nostra attenzione: Battiato. Cafè table musik di Carlo Boccadoro, edito da La Nave di Teseo, un saggio che ci accompagna, con competenza e acume, alla scoperta di un Battiato inedito e ancora poco conosciuto, nel quale riscontriamo però tutti quei tratti di estro, lungimiranza e genialità che abbiamo imparato ad amare nelle sue canzoni; La Sicilia degli dei – una guida mitologica, edito da Raffaello Cortina e scritto da Giulio Guidorizzi e Silvia Romani e, infine, per i bambini e le bambine dai 4 anni in su, I leoni non mangiano crocchette di André Bouchard, tradotto da Maria Valeria Caredda e pubblicato da Glifo Edizioni.

A cura di Alessia Roversi

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