Taccuino letterario dell’11 febbraio 2022

Parolario&Co. è una rubrica settimanale di consigli di lettura realizzata in collaborazione tra Associazione Culturale Parolario, giornale La Provincia di Como e Ciaocomo radio con il patrocinio del Consiglio di Regione Lombardia. Si ringrazia Confindustria Como, Fondazione Volta e BCC Cantù
Iniziamo l’appuntamento di oggi della rubrica Parolario & Co con il lieto ritorno di uno dei personaggi letterari e televisivi più amati dagli appassionati del genere noir poliziesco, il vicequestore Rocco Schiavone, protagonista di una seguitissima serie, giunta ormai alla quarta stagione, grazie anche alla bravura di Marco Giallini.
È uscito da qualche settimana, edito da Sellerio, “Le ossa parlano”, un nuovo capitolo della fortunata serie creata da Antonio Manzini, in cui il nostro si trova alle prese con uno di quelli che vengono definiti “cold case”, un caso “freddo”, cioè un’indagine di cui gli investigatori hanno smesso di occuparsi. Un romanzo unico composto da più gialli intricati che esplorano le complessità della natura umana e che lo stesso Manzini ha raccontato così.
Cambiamo completamente atmosfera e spostiamoci in Germania, nella città di Amburgo. È il 1889 e Oscar Troplowitz è un giovane farmacista, deciso a sperimentare nuove formule per quello che secondo lui sarà l’affare del secolo: i prodotti di bellezza per le donne. Così, quando scopre che l’imprenditore Paul Beiersdorf vende il suo laboratorio farmaceutico per ragioni famigliari, non esita a farsi avanti. Tuttavia, all’entusiasmo iniziale fanno seguito le prime difficoltà: Oscar è ebreo, e inoltre ha idee “troppo” moderne sui benefici da riservare ai lavoratori. Ma per fortuna, accanto a lui, c’è sua moglie Gerda. Appassionata di arte, per promuovere il progetto del marito organizza nella loro villa mostre e vernissage, invitando ospiti influenti dell’alta società di Amburgo. Coinvolge l’artista Irma von Hohenlamburg, che dipinge quadri fortemente drammatici, attirando l’attenzione del pubblico e contribuendo a salvare la reputazione di Oscar. Presto, grazie all’aiuto di Toni Peters, un’intraprendente operaia della Beiersdorf, Oscar individua il componente fondamentale per proteggere e lenire ogni tipo di cute. Un ingrediente che gli permetterà di produrre un rivoluzionario cerotto, e in seguito la Nivea, la crema destinata a comparire nelle case di ogni donna. E con un grande lavoro di squadra, la Beiersdorf si avvia a diventare l’impero che oggi tutti conoscono. Ispirato a una storia vera, il romanzo di Lena Johannson, “Il sogno della bellezza”, edito da Tre60 /Tea Libri racconta in modo appassionante la nascita di alcuni tra i prodotti di bellezza più popolari e amati di sempre.
Per chi non avesse seguito la diretta di ieri, è ancora disponibile sulle pagine Facebook, YouTube e sul sito della casa editrice Il Mulino, la presentazione del nuovo saggio di Attilio Brilli dal titolo “Venere seduttrice. Incanti e turbamenti del viaggiatore”. Eterno mito della bellezza e della seduzione, Venere ha sempre avvinto artisti, scrittori e viaggiatori di talento sin da quando, in epoca umanistica, hanno riscoperto, e poi a loro modo riproposto, le antiche effigi della dea. Tuttavia non è stata tanto la percezione della bellezza ideale, unita alla suggestione dell’antico, a incantare il viaggiatore, quanto una sorta di sindrome di Pigmalione, ovverosia il desiderio istintivo di suscitare una qualche animazione in quelle forme marmoree. Poi, con il tramonto dei canoni della classicità, allorché il nudo venne avvolto nelle spire del pudore, la dea dell’amore fu costretta a una dolente, malevola, metamorfosi. All’esemplare icona della seduzione non restò che trasmigrare nelle forme impalpabili e inquiete della scrittura. Combinando cronache, testimonianze, opere, l’autore ci accompagna in un coinvolgente viaggio sulle tracce della bellezza perduta e ritrovata.
“Il cane è un gentiluomo”, ha scritto Mark Twain. “È sincero, non mente, non inganna, non tradisce, è generoso, è altruista, ha fiducia“. Ma c’è di più. Il grande Victor Hugo – come tutti coloro che hanno un cane – si è chiesto: “Se guardi negli occhi il tuo cane, come puoi ancora dubitare che non abbia un’anima?“. Per questo motivo, ai bambini e alle bambine dagli otto anni in su, consigliamo la lettura di “Olle”, il romanzo illustrato da Thé Tjong-Khing, edito da Camelozampa e scritto dal celeberrimo autore olandese Guus Kuijer, in cui racconta in prima persona la storia del suo cane, Olle appunto. È l’ultimo capitolo, il più doloroso, a dare il via a tutta la scrittura: la fine vicina di Olle spinge l’autore a scrivere, per non dimenticare, per imprimersi nel cuore tutta la vita e la gioia che un cane sa donare a chi vive con lui. Divertente e commovente allo stesso tempo, il romanzo mette in risalto una vivida umanità canina, grazie all’utilizzo della prima persona sia in riferimento alla figura dell’autore che in riferimento a Olle. All’interno delle pagine, infatti, parlano sia il cane che il suo padrone, nella stessa identica lingua. Qui c’è tutto, c’è una vita. Ci sono i giochi in spiaggia, ci sono gli incontri con gli altri cani, ci sono le giornate oziose in cortile, c’è il panettiere, ci sono le oche che difendono le uova, ci sono le giornate in casa, i mosconi che terrorizzano, le visite inaspettate, i giochi che pigolano, le palle che rotolano, l’amore, la morte, la felicità, il dolore, le frustrazioni, il divertimento, l’euforia, la tristezza, le scoperte e tutte le esperienze di una vita raccontate attraverso gli occhi forse ingenui di un cane e del suo umano che si fanno compagnia.
Il 10 febbraio di 100 anni fa nasceva Mario Lodi, pedagogista, scrittore e insegnante cremonese, le cui metodologie educative furono inizialmente ispirate da quelle di Célestin Freinet, seguendo un indirizzo che lo fece diventare esponente del Movimento di cooperazione educativa. La sua vita ha interpretato culturalmente la ricostruzione dell’Italia sulla pedagogia e sul mondo della scuola e dei bambini attraverso un impegno concreto e quotidiano. In questo contatto quotidiano con i bambini, con la loro osservazione partecipe, Lodi ha ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone aspetti e metodologie. Nel 1972, Lodi ha scritto, insieme ai suoi alunni, uno dei suoi romanzi educativi più famosi, Cipì, la storia di un passerotto che si distingue dai suoi fratelli e dai suoi simili sin dal suo primo giorno di vita per un desiderio smisurato di conoscere ed esplorare il mondo. Già dalla nascita il nido gli sta stretto e i consigli della mamma non bastano a frenare la sua curiosità perché la voglia di imparare è sempre più forte della prudenza. Questa sua ribellione lo porta a misurarsi con grandi esperienze ed imprese: scopre le bellezze della natura e il valore dell’amicizia, e più avanti impara a difendersi dagli uomini, dall'”animale coi baffi” (un gatto, che gli strapperà un pezzo di coda), dalla neve, dal temporale e dal “Signore della Notte” (un gufo, che gli altri passeri credono che sia un vecchio saggio che dispensa buoni consigli e si nutre di raggi di luna; Cipì sarà il primo a capire che in realtà mangia altri uccelli). Alla fine, Cipì diventa padre a sua volta e insegna ai suoi figli ad essere laboriosi per mantenersi onesti, ad essere buoni per poter essere amati, ad aprire bene gli occhi per distinguere il vero dal falso, ad essere coraggiosi per difendere la libertà.
“Io penso che per gli educatori autentici niente è impossibile – si legge in un suo testo del 2005 – se noi offriamo ai bambini una scuola capace di trasformare le diversità in valori positivi, può avvenire il cambiamento della società al suo interno. Soltanto così i bambini d’oggi, che la società ha formato a sua immagine secondo le regole attuali fondate sul consumismo e la competizione, possono diventare cittadini responsabili, motivati, educati.”
A cura di Alessia Roversi
