Misericordia, il ritorno di Emma Dante al Teatro Sociale

Sabato 12 febbraio andrà in scena “Misericordia”, diretto da Emma Dante, con Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi e Simone Zambelli
Emma Dante torna al Teatro Sociale di Como con la regia di uno spettacolo, questa volta di prosa: Misericordia, in scena sabato 12 febbraio, alle ore 20.30, già in programma nella primavera 2020 e rimandato a causa della pandemia. Coprodotta dal Piccolo Teatro di Milano, il Teatro Biondo di Palermo e la Compagnia Sud Costa Occidentale, la piéce teatrale è interpretata dalle attrici Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi, e il danzatore Simone Zambelli.

Misericordia è la storia di Anna, Nuzza e Bettina, tre donne che lavorano a maglia di giorno e si vendono la notte, e del povero Arturo che vive con loro. È il racconto di una realtà squallida, intrisa di povertà, analfabetismo e provincialismo, che esplora l’inferno di un degrado terribile, sempre di più ignorato dalla società. Esistono mondi in cui le donne sono condannate a lottare, se vogliono sopravvivere, a combattere con ogni possibile risorsa per emergere dal degrado e dallo squallore in cui la società pare averle relegate. Con questo spettacolo, la Dante racconta la fragilità delle donne, la loro disperata e sconfinata solitudine.

«Tre donne e un ragazzo menomato vivono in un monovano lercio e miserevole. Durante il giorno le donne lavorano a maglia e confezionano sciallette, al tramonto, sulla soglia di casa, offrono ai passanti i loro corpi cadenti. – ha raccontato Emma Dante – Arturo non sta mai fermo, è un picciutteddu ipercinetico. Ogni sera, alla stessa ora, va alla finestra per vedere passare la banda e sogna di suonare la grancassa. La madre di Arturo si chiamava Lucia, era secca come un’acciuga e teneva sempre accesa una radiolina. La casa era china ‘i musica e Lucia abballava p’i masculi! Soprattutto per un falegname che si presentava a casa tutti i giovedì. L’uomo era proprietario di una segheria dove si fabbricano cassette della frutta, guadagnava bene ma se ne andava in giro con un berretto di lana e i guanti bucati. Lo chiamavano “Geppetto”. Alzava le mani. Dalle legnate del padre nasce Arturo e Lucia muore due ore dopo averlo dato alla luce. Nonostante l’inferno di un degrado terribile, Anna, Nuzza e Bettina se lo crescono come se fosse figlio loro. Arturo, il pezzo di legno, accudito da tre madri, diventa bambino».

Il loro gesto è misericordioso: non agiscono per soldi o interesse o egoismo, ma solo per amore. Con un finale aperto alla speranza.
(Ph. Masiar Pasquali)