Taccuino letterario del 04 febbraio 2022

4 febbraio 2022 | 15:30
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Taccuino letterario del 04 febbraio 2022

Parolario&Co. è una rubrica settimanale di consigli di lettura realizzata in collaborazione tra Associazione Culturale Parolario, giornale La Provincia di Como e Ciaocomo radio con il patrocinio del Consiglio di Regione Lombardia. Si ringrazia Confindustria Como, Fondazione Volta e BCC Cantù

Iniziamo l’appuntamento di oggi con la rubrica Parolario & Co con la storia di una donna forte e tenace, simbolo e fonte di ispirazione, anglista e scrittrice italiana, ex docente di lingua e letteratura inglese all’università di Siena, poliedrica e appassionata.

Ginevra Bompiani ha attraversato il Novecento come chi corre e non vuole fermarsi, costantemente sotto il baluardo della cultura e dell’impegno sociale. La incontriamo nelle prime pagine de “La penultima illusione”, edito da Feltrinelli, insieme a N., adolescente somala di cui è tutrice legale, con cui trascorre “giorni ciarlieri” e “altri che aprono una piccola voragine nel suo passato e nel mio presente”. Nel loro dialogo, fatto più di gesti e sensazioni che di parole, Ginevra torna spesso con il pensiero al proprio passato: l’essere figlia di uno dei principali editori italiani, l’infanzia tra Milano e Vigevano, la guerra e una pace da scoprire. Tra i viaggi e le amicizie, si incontrano Umberto Eco, Italo Calvino, Elsa Morante, Giorgio Manganelli, Giorgio Agamben – per citare solamente alcuni –, si partecipa alla fondazione di una casa editrice, alla costruzione e ricostruzione di biblioteche a Sarajevo e nell’Africa subsahariana, alle tante battaglie, vinte e perse, che segnano fino a oggi il cammino dell’autrice. Mentre la pandemia tiene in scacco il mondo, Ginevra vuole aiutare N. a trovare una strada che le apra quell’orizzonte che si è subitaneamente richiuso. Questa proiezione verso un futuro da inventare le permette di guardare al passato senza provare né rimorsi né rimpianti, in equilibrio tra chi si poteva essere e chi si è effettivamente stati. Sempre alla ricerca della prossima illusione.

È diffusa l’opinione che Dio sia già sceso almeno una volta sulla terra per venirci a cercare, accettando per questo, lui, re del cielo, di giacere bambino in una grotta. Quindi, ora spetta a noi andare a cercarlo. Per questo motivo, l’uomo da sempre costruisce templi per incontrare Dio. Ma dove si trova, davvero, Dio? Dalla più remota antichità e dai recessi più profondi dell’inconscio, il suo silenzio ha parlato in infiniti modi. C’è chi l’ha colto nei misteri della natura e nelle meraviglie dell’arte tutte le volte che, al di là dei limiti del visibile e del comprensibile, ha avuto la possibilità di vedere una luce e sentito vibrare il suono della sua potenza. Prendendo le mosse dalla ricerca di un divino immaginato e sperato, “Le dimore di Dio”, edito da Il Mulino e scritto da Franco Cardini, docente ordinario di Storia medievale presso l’Università di Firenze, giornalista e  professore emerito dell’Istituto Italiano di Scienze Umane alla Scuola Normale Superiore di Pisa, approda alle immagini concrete di come Dio si sia proposto nelle opere dell’uomo, in quelle forme architettoniche spesso perdute, malintese e dimenticate del santuario, del tempio, della sinagoga, della cattedrale, della moschea. Un percorso drammatico e intenso verso i luoghi dell’eterno a misura d’uomo.

“Milano vicino all’Europa, Milano che ride e si diverte”. Già. Ma l’abbiamo vissuto tutti, quel momento terribile. In tutte le città, Milano compresa, i giorni complicati del lockdown hanno costretto tutti a un’esistenza sospesa e priva di contatti. Ma per chi, come Davide Paolini, ha sempre vissuto nella dimensione del viaggio, l’isolamento è divenuto una condizione ancora più insopportabile. Come occupare, dunque, il tempo dedicato alla scoperta? Come “riempire” lo spazio del viaggio, quando questo si è ridotto alla distanza che separa la camera da letto dallo studio? Una soluzione c’è: avvalersi della propria memoria per ripercorrere il già vissuto, riscoprendo emozioni e immagini lontane nel tempo e (quasi) dimenticate. Da qui prende il via “Confesso che ho mangiato”, edito da Giunti, il lungo itinerario di un Gastronauta d’eccezione, un memoir che restituisce, insieme ai ricordi “reali”, anche (e soprattutto) quelli emotivi. Uno straordinario percorso nella memoria gustativa di uno dei più importanti giornalisti gastronomici italiani. Il libro contiene alcune tra le narrazioni più belle ed evocative dello scrittore, da leggere a piccoli bocconi o tutte d’un fiato, per comprendere come dietro a un buon piatto o a un prodotto artigianale ci siano facce e storie significative e sempre appassionanti.

Per restare in tema di cibo e piatti deliziosi, non possiamo non citare il famoso “Timballo di maccheroni” di cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa ha fatto una descrizione immaginifica nel suo capolavoro più noto, “Il Gattopardo”, scritto tra la fine del 1954 e il 1957 e pubblicato solo dopo una clamorosa stroncatura e la morte dell’autore. Un successo incredibile, che ha venduto 250.000 copie in soli otto mesi, è diventato il primo best seller italiano e ha ricevuto il premio Strega nel 1959. Quattro anni dopo, il romanzo ebbe una celeberrima trasposizione cinematografica grazie al regista Luchino Visconti e ad attori straordinari del calibro di Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Rina Morelli, Paolo Stoppa mentre, nel 1967, divenne un’opera musicale di Angelo Musco, con libretto di Luigi Squarzina. Nel libro di Tomasi di Lampedusa, la favolosa pietanza compare durante una cena sulla tavola di don Fabrizio e della sua famiglia, mentre si trovano a trascorrere l’estate a Donnafugata. In un’atmosfera resa magica dal tremolio delle candele che illuminano la sontuosa tavola, viene servito il “Timballo di maccheroni“ o “Timballo dei Monsù“, termine proveniente dal francese “monsieur” che indica il cuoco professionista, passato poi alla storia come “Timballo del Gattopardo“ che l’autore descrive  così: “L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima dei maccheroni corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.”

Per i bambini e le bambine di tutte le età, consigliamo la lettura di “La bambina più forte del mondo”, edito da Salani, illustrato da Roberto Irace e scritto da Silvia Salis, ex martellista, con, alle spalle, quindici anni di successi e due Olimpiadi. Già membro del Consiglio Federale FIDAL e del Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico Italiano, eletta, nel 2021, Vice Presidente Vicario del Coni, prima donna a ricoprire questo ruolo.

A cura di Alessia Roversi

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