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Salute e Legge 23, oggi il presidio per chiederne l’abrogazione

L'iniziativa, organizzata dal Coordinamento comasco per il diritto alla salute, si è tenuta oggi davanti all'ex ospedale Sant'Anna di Como

presidio coordinamento comasco salute per abrogazione legge 23

Si è tenuto oggi, davanti all’ex ospedale Sant’Anna, il presidio del Coordinamento Comasco per il Diritto alla Salute, con l’obiettivo di chiedere l’abrogazione della legge 23. Nel comunicato stampa giunto in redazione, che qui pubblichiamo integralmente, le motivazioni che hanno spinto il Coordinamento a dare vita all’iniziativa.

«Ad un anno di distanza dalla scoperta del paziente covid N. 1, possiamo dirlo con certezza, il paziente zero è la sanità lombarda. La diffusione del covid 19 si è potuta allargare soprattutto perché, nella nostra regione, nel corso degli ultimi anni la gestione della sanità è stata pensata dai Presidenti (prima Formigoni di Forza Italia, poi Maroni e Fontana della Lega) come un gigantesco affare economico.

Sono stati tagliati sempre più fondi per la medicina di base preventiva, sono stati chiusi i pronto soccorso, sono stati assegnati sempre più pazienti ad ogni medico di famiglia, e fare esami o essere curati negli ospedali pubblici è diventato sempre più difficile e costoso. La prevenzione, la medicina di base che si occupa di prevenire le malattie di tutti noi, non è considerata un buon affare. Rendono, e bene, le cure fatte con macchinari costosi e tecnologie sofisticate. E così, da vent’anni, la regione Lombardia ha agevolato i grandi ospedali privati e le costose cure specialistiche, che solo i ricchi si possono permettere.

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L’eccellenza lombarda di cui blaterano Salvini e soci è questa: sicuramente, pagando fior di quattrini, in Lombardia le cure mediche sono fra le migliori in Europa e nel mondo, e gli ospedali privati sono delle macchine per fare montagne di soldi. Ma intanto, allo scoppiare della pandemia, i medici di famiglia non avevano neanche le mascherine e i camici monouso mentre nelle settimane successive le prestigiose cliniche private convenzionate col servizio sanitario nazionale hanno contribuito solo in misura irrisoria a fronteggiare la pandemia. Anzi, qualche ospedale privato, con notevole cinismo e senso degli affari, ha pensato bene di mettere in vendita per diverse centinaia di euro un kit diagnostico e un servizio di assistenza domiciliare!

Per questi motivi pensiamo che le cose da fare siano due:

– abrogare la legge regionale 23/ 2015 che propone il sistema su cui si basa la gestione del sistema sanitario regionale;

– aumentare le risorse medicina territoriale, alla salute nelle scuole e nei luoghi di lavoro, alla tutela dell’ambiente

Perché, se c’è una cosa chiara nella situazione attuale, è la differenza di classe nell’accesso alla sanità, con una spaccatura netta fra chi ha i soldi per curarsi e chi non ne ha, non si può curare, vive male e muore prima. La salute non è una merce, la sanità non è un’azienda».

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