Aldo Buzzi, un comasco a BOOKCITY 2020: Un letargo denso di pensiero

13 novembre 2020 | 17:20
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Aldo Buzzi, un comasco a BOOKCITY 2020: Un letargo denso di pensiero

A BookCity 2020 Como è presente, anzi, protagonista, nella figura di Aldo Buzzi, cittadino comasco scomparso nel 2009, scrittore, sceneggiatore, regista e architetto che ha segnato il panorama culturale italiano per moltissimi anni. Durante la manifestazione milanese dedicata al libro e alla lettura, ne hanno parlato ieri Alessandro Beretta, collaboratore de “La Lettura” e direttore artistico di “Milano Film Festival”, e Gabriele Gimmelli che per La Nave di Teseo ha curato il volume che raccoglie l’opera omnia dell’autore (Aldo Buzzi. Tutte le opere, 30 gennaio 2020).

aldo buzzi

Ma Aldo Buzzi non era solo un autore. Era la personificazione di un eclettismo, che in questa opera omnia emerge con forza. Con la sua scrittura lucida, asciutta ma intersecata da aneddoti vari, riflessioni gastronomiche, appunti di viaggio e memorie autobiografiche, Buzzi dà talvolta l’impressione di una dispersione, che è in realtà la sua più grande ricchezza. «Aldo Buzzi che è stato aiuto regista, che ha forse progettato un romanzo, che ha scritto di cucina e collaborato con varie riviste, diventando anche funzionario editoriale, sembra eclettico per un eccesso di attività. Ma non era un iperattivo, come emerge dalle sue carte era anzi un pigro nel senso che si dedicava a quello che più gli piaceva sul momento.» spiega Gimmelli che sulle carte del nostro concittadino ha sudato a lungo per ricostruire l’edificio delle opere della sua vita. Si cita per esempio una frase dedicatagli dall’amico Fabrizio Clerici nel 1949, quando Buzzi era sul set de “Il Mulino del Po”: «Aldo Buzzi è capace di starsene in letargo per mesi e poi in un lampo se ne esce con la soluzione più adatta al problema.»

Insomma, Aldo Buzzi talvolta cadeva in un letargo denso di pensiero. La sua carriera era fatta di improvvisi balzi avanti e stasi complete e questa è la ragione per cui diverse sono state le riscoperte della critica nei suoi confronti, alcune in tarda, tardissima età. Basti pensare che il suo libro più conosciuto, “L’uovo alla kok” esce per Adelphi Edizioni quando l’autore ha quasi settant’anni. Nella sua scrittura c’è una cifra realistica che la distingue dalla prosa d’arte imperante soprattutto quando si occupava di aiuto regia al fianco, per esempio, di Federico Patellani. È evidente ne “L’uovo alla kok” (Adelphi, 2002), un libro che è un ricettario nella forma di un’allegra conversazione tra amici, durante la quale ci si scambiano anche consigli di cucina. «Penso sempre, quando lavoro su Aldo Buzzi, a una pagina che Calvino dedica a Manganelli dove dice: è inutile che ci sforziamo di fare l’antiromanzo noi che non siamo mai stati una letteratura di romanzieri, la nostra tradizione è nelle carte dei cronisti e nel sermo humilis dei predicatori, nella letteratura scientifica di Galileo e nelle prosette leopardiane» spiega il curatore del volume sottolineando come Buzzi sia sì un autore laterale, ma che forse, in questo suo attaccamento alla realtà come scintilla che innesca la scrittura, è molto più centrale di quanto si pensi. Non solo, l’altra scintilla che lo ha animato per tutta la vita è l’affetto per i luoghi natali.

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Nato a Como per una strana voglia del caso, in realtà Aldo Buzzi era originario di Sondrio, sebbene proprio nella nostra città avesse frequentato il liceo, quello che forse anche molti lettori hanno bazzicato negli anni dell’adolescenza: il mitico Volta. Nell’opera che La Nave di Teseo gli ha dedicato quest’anno peraltro si trova un passaggio che più di tante parole ci fa conoscere da vicino un grande scrittore e concittadino troppo spesso lasciato da parte. Infatti si legge nelle sue parole che: «chi, passando davanti al duomo, si ferma un momento a osservare la statua di Plinio il Vecchio, che con quella di Plinio il Giovane decora la facciata, resta sorpreso: il Vecchio appare piuttosto giovane, il suo viso non ha niente di romano: potrebbe essere un anglosassone; anzi, il ginocchio sinistro che sporge in fuori nudo, con il magro polpaccio ricoperto da uno stivale romano di fantasia che sembra un calzettone, lo rende simile a uno scozzese, uno scozzese che stringe fra le dita della mano destra un invisibile bicchiere di Scotch». Insomma, a Buzzi Como lasciava sempre il desiderio di farci ritorno. E infatti quando gli fu chiesto qualche tempo fa se durante i suoi infiniti viaggi Como gli mancasse, Aldo Buzzi rispose: «Ma io a Como ci sono rimasto. I luoghi dove abbiamo vissuto sono parte di noi, non ci lasciano mai».

Martina Toppi