“Giorno della Memoria” per le vittime delle foibe, oggi la commemorazione ad Albate

Oggi viene commemorato il “Giorno del Ricordo“, istituito con la legge n.92 del 30 marzo 2004 con la quale “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale“.
Il Comune di Como commemora in modo ufficiale il “Giorno del Ricordo” con una cerimonia che prevede alle ore 9.30 l’alzabandiera, il saluto delle Autorità, la preghiera dell’Esule e le benedizione e deposizione di una corona ai giardini di via Sant’Antonino ad Albate, intitolati ai Martiri delle Foibe istriane.
Il ricordo corre a quei 4 anni (Settembre 1943 – Febbraio 1947) e al calvario degli italiani di Istria e Dalmazia dove furono uccisi a migliaia dalle truppe comuniste di Tito nelle cavità carsiche: le foibe. Una tragedia ripercorsa ogni anno nel “Giorno del ricordo”, dove viene raccontata non solo la storia delle deportazioni e delle stragi, ma anche il dramma di centinaia di migliaia di esuli costretti a lasciare le terre dei propri padri.
Secondo le recenti stime, le vittime dell’eccidio delle Foibe furono tra le cinquemila e le diecimila: un dato di certo molto vago, frutto del silenzio che per circa un cinquantennio ha circondato il ricordo di tale massacro. Ad essere uccisi non furono solo fascisti e avversari politici, ma anche e soprattutto civili, donne, bambini, persone anziane e tutti coloro che decisero di opporsi alla violenza dei partigiani titini.
Si stima che i giuliani, i quarnerini e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250 000 e le 350 000 persone tra il 1945 e il 1956. Le zone colpite furono quelle del Venezia-Giulia e dell’Istria, in cui ad oggi sono state trovate più di 1700 foibe.
Sergio Mattarella parlando, ieri, della tragedia che si consumò nel dopoguerra al confine fra Italia e Jugoslavia l’ha definita “Una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo”. Secondo il capo dello Stato “esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante”, ma “oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi”.