“La Tempesta” con Eros Pagni, al Sociale una lettura postmoderna di Shakespeare

9 dicembre 2019 | 08:06
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“La Tempesta” con Eros Pagni, al Sociale una lettura postmoderna di Shakespeare
“La Tempesta” con Eros Pagni, al Sociale una lettura postmoderna di Shakespeare
“La Tempesta” con Eros Pagni, al Sociale una lettura postmoderna di Shakespeare
“La Tempesta” con Eros Pagni, al Sociale una lettura postmoderna di Shakespeare

Giovedì 12 e venerdì 13 dicembre (ore 20.30) Luca De Fusco porta in scena al Teatro Sociale di Como la sua versione de La tempesta, l’opera teatrale in cinque atti scritta da William Shakespeare tra il 1610 e il 1611, e tradizionalmente ritenuta la penultima opera del celebre drammaturgo – l’ultima interamente sua – e considerata da molti il lavoro che segnò il suo addio alle scene.

È una tempesta interiore, una tempesta dell’anima, quella allestita da De Fusco e ambientata in una biblioteca, con un intenso Eros Pagni nel ruolo del protagonista, un mago chiuso nel suo luogo di studio e riflessione che si trasfigura con giochi di allucinazioni creando un’isola che non c’è: tutto è nella testa del mago.

Prospero, spodestato dal ducato di Milano, dopo essere naufragato su un’isola deserta dove ha vissuto per dodici anni con la figlia Miranda, il selvaggio Calibano e lo spirito Ariel, dà fondo ai suoi incantesimi per vendicarsi del re di Napoli e del fratello Antonio, colpevoli di avergli usurpato il titolo.

teatro sociale la tempesta

Il regista napoletano trasforma tutto ciò (complice l’uso delle tecnologie e di proiezioni) in un addio al Novecento spodestato dal terzo millennio che ne nega i valori fondativi.

Come ci spiega lo stesso De Fusco – “La tempesta è un commiato. Commiato di un intellettuale dal suo mondo, non da isole deserte, animali esotici e mari tempestosi. Il mondo di un intellettuale è semplicemente la sua biblioteca. Dentro di essa si agitano i fantasmi della sua vita ed egli può vendicarsi su di loro semplicemente immaginandoli e alla fine immaginando di perdonarli. Lo stesso meccanismo interiore accade per Ariel e Calibano che nella nostra visione ispirata alla lettura del grande antropologo René Girard, sono due parti della personalità di Prospero.
Tutto insomma avviene nella testa di Prospero, che si specchia nelle diverse sfaccettature della sua personalità e che dopo questo grande, ultimo sforzo immaginativo, depone le armi dei suoi viaggi fantastici e torna ad essere un normale, malinconico vecchio che dedicherà buona parte del tempo che gli resta da vivere al pensiero della morte. Ma il commiato di Prospero ha ovviamente un enorme valore simbolico e la tentazione di leggerlo come addio di Shakespeare al teatro è sempre stata irresistibile, anche se forse questo è l’ultimo testo del bardo ad esserci rimasto, ma non l’ultimo ad essere stato scritto D’altra parte quante ultime serate recitano sempre i primi attori prima di
chiudere veramente la loro carriera?
In epoca di transizioni la nostra Tempesta non può non raccontare anche tutto il disorientamento del nostro tempo con le fondamenta della cultura occidentale che franano senza che si vedano nuove colonne a sostenere nuovi edifici. Quando la biblioteca di Prospero affonda nell’acqua nel finale è anche tutta la nostra cultura che affonda con essa.”

Così, la dolorosa e malinconica figurazione dell’addio d’un uomo alla sua arte, ai suoi sogni, alla sua vita, diventa appassionato e tormentoso commiato ad un’intera civiltà, alla sua cultura, alla bellezza incommensurabile che ha saputo esprimere, alle amare e infelici bassezze del male che è riuscita a manifestare.

INFO
Biglietti da 13€ a 28€ + prev. in vendita alla biglietteria del Teatro oppure online su www.teatrosocialecomo.it

TEATRO SOCIALE
giovedì, 12 dicembre – ore 20.30 TURNO A
venerdì, 13 dicembre – ore 20.30 TURNO B
LA TEMPESTA
di William Shakespeare

Traduzione Gianni Garrera
Prospero Eros Pagni
Ariel, Calibano Gaia Aprea
Francisco Alessandro Balletta
Miranda Silvia Biancalana
Sebastiano Paolo Cresta
Stefano Gennaro Di Biase
Ferdinando Gianluca Musiu
Giunone Alessandra Pacifico Griffini
Trinculo Alfonso Postiglione
Alonso, re di Napoli Carlo Sciaccaluga
Adriano Francesco Scolaro
Antonio Paolo Serra
Gonzalo Enzo Turrin

Adattamento e regia
Luca De Fusco
Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
Disegno luci Gigi Saccomandi
Musiche originali Ran Bagno
Installazioni video Alessandro Papa
Movimenti coreografici Emio Greco e Pieter C. Scholten

Produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova

teatro sociale la tempesta

Lezione di lacrime
Nella Tempesta la vera tempesta è la tempesta del pianto, il diluvio di lacrime, il vento dei sospiri. A confronto, qualsiasi temporale o uragano, naturale o artificiale, è un fenomeno atmosferico o circense, che appartiene alle manifestazioni teatrali. Il pianto è la lingua per eccellenza pre- grammaticale, predominante nei bambini, che si esprimono a pianti. Tutti i pianti dell’opera si sottraggono, come linguaggio, alla traduzione, perché sono realtà senza grammatica. Shakespeare racconta l’utopia della scoperta del pianto sociale, del piangere in coro, contro l’estetica cortigiana del ridere e del deridere. Un simposio deve essere lacrimoso anziché filosofico. Le lacrime sono il linguaggio immediato della carne che non ha legami con la lingua. Non tutti sono “nati a lagrimar”, bisogna andare a scuola di pianto. Lo spiritello-elemento Ariel si rammarica di non appartenere alla specie umana, perché non è predisposto al pianto; Calibano frigna di continuo; Miranda piange quando non c’è da piangere, né sa veramente piangere se non quando piangerà di felicità. Il principio di ammirazione, che corrisponde al nome di Miranda, significa riconoscere che l’umanità è la realtà più ammirevole. La razza umana, anche nei suoi elementi moralipeggiori e più balordi, è la razza più bella e commovente. Invece il misantropo Prospero ha educato la figlia lontano dall’umanità. La formazione dovrebbe avvenire nell’ambito delle discipline liberali.

Attraverso la sovrapposizione del regno della cultura al regno della natura, l’essere umano può liberarsi gradualmente della propria condizione animale. Prospero, che ha preferito al governo delle cose umane il governo degli elementi, prima che essere esperto di scienze occulte, è un maestro di arti liberali e ci confessa i suoi affanni pedagogici. Le attuali creature al suo servizio in principio avevano la funzione di cuccioli, peluche e compagni di gioco della figlioletta Miranda. Il mago racconta di ognuno la fiabesca genealogia. Egli ha insegnato a Calibano il primo grado delle arti liberali (degne dell’uomo libero): grammatica, retorica e dialettica (degenerate in oratoria dell’insulto), ad Ariel ha trasmesso le arti del quadrivio, come la musica strumentale in gara con le voci degli elementi, mentre tra le arti meccaniche rappresentate in scena, come Navigatio (messa alla prova dalla tempesta), Venatio (al servizio di una caccia indiavolata) o Lanificium (per giocare a travestirsi), domina l’arte teatrale stessa (Theatrica).

D’altronde il genere della Tempesta è l’enciclopedia per bambini, l’opera è un sillabario e perciò un trattato puerile di poetica. La magia, come il teatro, è attività circense, significa ottenere la contrizione d’animo con i trucchi e con l’illusionismo anziché per mezzo della persuasione e della presa di coscienza ha fatto da maestro e animatore di spettacoli, cosicché l’isola è stata scuola, biblioteca e teatro di prestigio e incantesimo. Calibano ha imparato una lingua putativa (che non è la sua lingua madre) nel modo più scolastico, vocale per vocale. La lingua che egli sillaba è scolasticamente la più poetica di tutte, con le minori irregolarità e stranezze.

Maggiore è l’elenco di ciò che nella Tempesta si sottrae alla lingua scritta, come i pianti cronici. L’isola fa regredire all’infanzia, con il recupero delle lallazioni, dei bronci e dei musi, delle filastrocche maligne e delle canzoncine che
canzonano, delle parole dette all’orecchio. Tra i divertimenti dobbiamo contare anche la maestria negli insulti e nei dispetti, negli sgambetti e nelle botte, la cultura del maltrattamento, il catalogo delle torture e degli strapazzi fatti ai nani e ai buffoni storpi (gli storpiati o minorati ridicolosi come Calibano), la bastonatura come forma primaria di teatro. Solo il linguaggio di Prospero progredisce dalla lingua per favole alla lingua filosofica della speculazione morale. Prospero ha opposto all’educazione materna dell’isola, fatta prevalentemente di ninna-nanna e serenate, l’educazione verbale e alfabetica, nel silenzio dei libri e delle ore di lezione. Si scopre che l’umanità ha bisogno di essere cullata, non educata. Musiche e dondolii trasmettono al corpo un movimento benefico, che ha un’influenza positiva sull’anima. Bisognerebbe sempre vivere come dondolando sull’acqua.             I bambini, poiché non possiedono la parola, possono essere educati solo con la musica di ninna- nanna. All’umanità si dovrebbe somministrare
continuamente musica del genere, cioè un allattamento musicale (lo raccomanda Platone nella Repubblica).

La ninna-nanna è la suprema pedagogia. L’ascolto di musiche è il migliore processo di formazione. Questa musica non fa male e non fa paura. L’isola è piena di suoni e voci spiritate, di vocalizzi pre-verbali, fornisce musica gratis, dal profumo di musica da annusare al solletico di musica tattile. La Tempesta ha una preistoria di fischi, guaiti e ululati, pertanto prevedeva un linguaggio senza proprietà verbali. Prospero crede di esprimere i contenuti spirituali solo linguisticamente, come se essenza spirituale ed essenza linguistica siano sempre coincidenti. La lingua comunica solo la parte linguistica della persona. La parola moderna ammaestra e vincola gli spiriti, determina le formule del contenuto, istituisce e amministra la grammatica affinché non trionfi l’utopia dell’analfabetismo, lo spettacolo delle lacrime, il teatro degli strilli.
Gianni Garrera