Farian Sabahi a Parolario 2019

Nella scorsa edizione di Parolario, la giornalista mediorientalista più nota d’Italia ci aveva presentato il suo romanzo/saggio La mia storia persiana tra due paesi e tre religioni. Torna oggi a Villa Olmo con la riedizione, aggiornata degli ultimi 10 anni di storia iraniana, di Il bazar e la moschea, storia dell’Iran 1890 – 2018, edito da Bruno Mondadori. Di fatto un racconto, assolutamente ben documentato eppure tanto scorrevole, come un romanzo, del 900 mediorientale, con tutte le sue fitte relazioni (o contrapposizioni) politiche. Al centro appunto l’Iran: la così detta Rivolta del tabacco del 1890 quando lo scià Nasser al-Din, concedendo il commercio del tabacco ad una società straniera, provocherà la rivolta dei sudditi, premessa che insieme ad altre ne provocherà l’omicidio nel ‘96, ma anche premessa per quell’alleanza tra mercanti e clero, tra bazar e moschea, che si rivelerà cruciale nel corso del Novecento e non a caso è scintilla per il libro della Sabahi. Questa edizione presenta un aggiornamento di dieci anni rispetto a quella precedente, pubblicata a fine 2008 e quindi poco prima delle contestate elezioni, segnate da brogli, che videro la rielezione del presidente Ahmadinejad per un secondo mandato e di conseguenza, le proteste post-elettorali del 2009-2010 in Iran, note sotto il nome di movimento verde che hanno avuto origine appunto dopo la rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad, ma sono proseguite come moto di protesta contro il suo governo, specialmente nella capitale Teheran, ma ottenendo presto la solidarietà di diversi gruppi e associazioni nazionali e sovra-nazionali in tutto il mondo, coinvolgendo decine di migliaia di persone. La giornalista del Corsera ben racconta anche la repressione del regime messa in atto da Ahmadinejad usando la forza paramilitare del Basij – che riceve ordini dall’Esercito dei guardiani della rivoluzione islamica iraniana, per capirci… – che ha soffocato sia le manifestazioni pacifiche che quelle violente usando anche i fucili. Il presidente iraniano ha inoltre chiuso le università a Teheran, censurato il web, bloccato le comunicazioni tramite cellulare. Diversi sono i rapporti diffusi da Amnesty International, nei quali l’organizzazione non governativa fa la conta dei morti, degli incarcerati per ragioni politiche e in generale delle violazioni alla libertà e alla dignità dell’individuo. Nel libro si parla poi dell’elezione del presidente moderato Rohani nel 2013 che sembravano aver segnato un netto stacco con il passato, considerando che Rohani fu spesso esplicitamente avverso a Ahmadinejad e per questo anni prima estromesso dal governo. Fu lui a seguire i complessi negoziati legati all’accordo nucleare del luglio 2015 con gli Stati Uniti, accordi che oggi sono rimessi completamente in discussione dal nuovo presidente USA Donald Trump. Questa inversione di rotta pesa fortemente sulla situazione internazionale iraniana, essendo in gioco anche i suoi già difficili rapporti con Israele e con l’Arabia Saudita. In più le sanzioni americane imposte a Teheran nell’agosto scorso (e ulteriormente inasprite già a novembre, hanno fortemente pesato sull’economia iraniana e, analizza la Sabahi, anche sulle imprese italiane da sempre attive (e ancor più dopo il 2015) sul mercato mediorientale.