La strage di piazza Fontana a Parolario 2019

Perché quello suoi colpevoli della strage di Piazza Fontana fu un Processo impossibile, come lo definisce Benedetta Tobagi nel saggio presentato oggi a Parolario? Le risposte sono molte e difficili da comprendere, nascoste nella nebulosa cortina sollevata da molti nel corso degli anni. Però oggi, di almeno un elemento siamo certi: il segreto di stato, posto fin dallo svolgimento delle indagini, ha aiutato gli apparati corrotti a nascondere le proprie tracce e quelle dei complici. Una strage, dicono le più recenti ricerche, compiuta non soltanto per destabilizzare la nazione (come tutte le stragi terroristiche) ma anche, e forse soprattutto, per instillare il terrore del terrorismo stesso, delle stragi che sarebbero venute poi, per accendere una miccia che portasse all’esplosione di tutte le compagini violente allora in gioco. E, sappiamo ora con il senno di poi, per dare il via agli anni di piombo.

Era il 12 dicembre del ’69, Piazza della Loggia, l’Italcus, la stazione di Bologna dovevano ancora venire, i sanguinanti anni 70 non erano ancora iniziati. Quel giorno un complesso e variegato gruppo di estrema destra (come hanno dimostrato con certezza le indagini, anche se con decenni di scarto) organizza 5 diversi attentati tra Milano e Roma nell’arco di meno di un’ora. Per “fortuna”, soltanto quello di Piazza Fontana, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, farà vittime, ma danni e gravi feriti si conteranno in entrambe le città.
Gli esecutori materiali, quelli che lasciarono il borsone con la bomba sotto il tavolo, non saranno mai individuati, la giustizia ritiene oggi di sapere invece i nomi dei due principali mandanti, dei due capi del gruppo, peccato che, assolti dalla Corte d’assise d’appello di Bari, non siano più processabili.

Un iter che per certi versi, e per la sua amara conclusione, ricorda quello capitato all’estremista di sinistra, condannato proprio per l’omicidio di Tobagi, ma scarcerato e regalato a nuova vita per aver collaborato con la giustizia. Un evento traumatico, ovviamente, per la giornalista, che nel bel libro