Una “prima” piena di sorprese al Teatro Sociale
7 ottobre 2016 | 12:59






I tempi cambiano. Oggi due ochette come Fiordiligi e Dorabella non son svenevoli damine, ma diventano personaggi TV manipolate da un Don Alfonso bieco regista desideroso di esperimenti sul tema della fedeltà. Non meglio vengono fuori Guglielmo e Ferrando tronisti da strapazzo (probabilmente erano così anche nella testa di Lorenzo Da Ponte quando scrisse Così fan tutte alla fine del ‘700).

I tempi cambiano. Nel foyer del Teatro Sociale di Como pochi gioielli (veri) molti giovani e molti selfie. Resta un gusto per “il lungo” e quel senso di finzione in papillon, che ci sta, un po’ per forma, un po’ per vanità. E un po’ anche per gioco. Lo sa bene Mario Bianchi, una vita nel teatro, in camicia e scarpe lastronate d’argento: tutto fa spettacolo anche gli spettatori. Una prima d’opera è anche l’entrata studiata, il saluto formale (baciamani ne abbiamo?), la foto per la stampa…ci sono anche le mascherine distribuite all’ingresso a sottolineare che qui possono avvenire delle Trasformazioni.

Se poi l’opera che sta per iniziare è Così fan tutte l’inganno è dietro l’angolo, anzi dietro il sipario che si alzerà sul gruppo di ragazzi e ragazze in grigio che saranno sempre presenti durante l’opera. Un pubblico di prossimità ora assorto, ora partecipe alle vicende tanto da diventare fan dell’uno o dell’altra. Come il pubblico di Amici di Maria De Filippi è protagonista dello show.

Lo spettacolo sta per iniziare. Il momento magico per il sottoscritto rimane, anche questa volta, il minuto che precede la prima. Le luci affievoliscono insieme al brusio e nel buio l’orchestra I Pomeriggi Musicali diretta da un energico Gianluca Capuano attacca l’overture di Mozart.
I tempi cambiano, ma non l’allegro movimento di gruppi all’inizio del primo atto che gioiosamente introduce i personaggi nei tre terzetti virili. Vestiti in jeans Ferrando e Guglielmo ardono d’amore per le loro fidanzate e la loro impulsività contrasta con la riflessiva aridità di Alfonso “il filosofo”, un metre a penser che stenderà i fili dell’inganno lungo tutta l’opera per il solo gusto di provare che così fan tutte. Solo una discreta dose di genuino umorismo e auto ironia lo preserva dal diventare l’antipatico della situazione.

Poi arriva Despina e riempie di pop il Così fan tutte firmato da Francesco Micheli. Non solo per i colori decisi che accompagnano d’ora in avanti i quadri dell’opera, ma anche per le sue arie chiacchierate e per l’invidiabile obiettività con cui spiega alle contrite padroncine la vicenda amorosa. Saggezza popolare di una tipica figura della commedia dell’arte: la serva popolana, furba e approfittatrice, ma anche ironica e divertente a cui, in genere, si finisce per affezionarsi. A Despina no. E’ simpatica, ma il suo continuo macchinare alle spalle dei quattro innamorati è troppo spudorato. Nella casa del Grande Fratello sarebbe la complottista che tutti voterebbero per eliminare, ma il pubblico salverebbe puntata dopo puntata.

Infine nello studio televisivo, pardon sul palco del Teatro Sociale, non mancano gli attori. Micheli inserisce due figure, due mimi, che interagiscono con i cantanti (oltre che fungere da macchinisti in scena). Chi rappresentano? Gli assistenti di studio di una produzione televisiva? Alter ego di Don Alfonso visto che da lui sembrano dipendere? Non so esattamente qual’è il loro ruolo, ma la collocazione all’interno dell’allestimento è stata geniale. I loro movimenti sul palco hanno conferito ulteriore simmetria ad un’opera perfettamente simmetrica. Le due coppie originarie, Fiordiligi e Guglielmo, Dorabella e Ferrando sono perfettamente speculari: al binomio soprano-baritono si oppone quello di mezzosoprano-tenore.

Nessuno stravolgimento, ma tante sorprese fino all’ensemble finale di grande effetto con tutti sul palco, coro compreso. Una conclusione anche colorata per un’opera gioiosa che merita il lungo applauso del pubblico comasco che ha apprezzato l’allestimento, a tratti trasgressivo, del regista Francesco Micheli
a questo link la sorprendente fine del primo atto
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10157522558800114&id=576005113
E l’opera lirica, antica di quattro secoli (questa ne ha più di due sul groppone), cambia. Dato l’addio alle parrucche bisogna abituarsi ad allestimenti contemporanei sempre più simili a musical e Micheli non è l’unico ad aver imboccato questa trasformazione. Così fan tutti potremmo dire…
Lorenzo Canali