Cos’è un check up finanziario e perché è bene che la perizia sia svolta da un consulente indipendente
L’obiettivo del check up finanziario è semplice ma ambizioso: misurare lo stato di salute finanziaria, individuare criticità e opportunità
Un check up finanziario è una perizia a tutto tondo del patrimonio, degli investimenti, dei flussi di cassa e dei rischi reali che una persona o un’impresa sta correndo, spesso senza accorgersene. È un’operazione che non si limita a guardare il “dove” si è investito, ma soprattutto il “perché” e “a quale costo”, mettendo in fila obiettivi, orizzonti temporali, tolleranza alle perdite, liquidità disponibile e impegni futuri. In pratica, è come passare il portafoglio ai raggi X, con la stessa attenzione con cui un medico analizza esami del sangue, anamnesi e stile di vita. L’obiettivo è semplice ma ambizioso: misurare lo stato di salute finanziaria, individuare criticità e opportunità, correggere la rotta. Il risultato finale non è un prodotto da comprare, bensì un piano d’azione: ridurre costi inutili, riallineare i pesi dei vari strumenti, eliminare sovrapposizioni, migliorare la diversificazione, prevenire errori di comportamento nei momenti di volatilità, armonizzare tutto con il profilo fiscale e successorio. È qui che emerge l’importanza della figura che svolge l’analisi: un consulente finanziario indipendente, remunerato a parcella, libero da conflitti d’interesse e tenuto per legge a operare nell’esclusivo interesse del cliente.
Cos’è quindi un check up finanziario? Lo abbiamo chiesto a un esperto del settore: Maximiliano Travagli dello studio Travagli Financial, ecco di seguito un riassunto di quanto è emerso.
Valore tecnico e deontologico del check up finanziario
In Italia la consulenza è regolata da un quadro preciso: l’Albo unico dei consulenti finanziari, istituito dalla legge e tenuto dall’OCF, suddivide gli iscritti in tre sezioni distinte, fra cui i consulenti finanziari autonomi (i cosiddetti indipendenti) e le società di consulenza finanziaria. La vigilanza sull’Organismo è svolta da Consob, che rimarca la centralità degli interessi del cliente all’interno dell’architettura MiFID: questo implica valutazioni di adeguatezza, appropriatezza e informativa chiara su rischi e costi. Essere indipendenti significa lavorare a parcella (fee-only), senza ricevere retrocessioni o incentivi da prodotti finanziari consigliati, eliminando alla radice il classico conflitto tra vendere e consigliare. In questa cornice, un check up finanziario assume valore tecnico e deontologico: l’analista non ha alcun vantaggio a spostare capitali verso strumenti “di casa”, ma soltanto a dimostrare – numeri alla mano – dove si può pagare meno e limitare il rischio, ottenendo coerenza con gli obiettivi. La normativa sulle inducement (incentivi) e l’assetto dell’Albo chiariscono ruoli e responsabilità, e spiegano perché rivolgersi a un consulente indipendente alza il livello di affidabilità della perizia, specie quando il portafoglio è stratificato da anni e carico di costi invisibili. È una questione di metodo e integrità professionale.
Cosa analizza davvero un check up finanziario: costi, rischi, sovrapposizioni, obiettivi
Un check up finanziario non si ferma all’estratto conto titoli. Passa in rassegna tutti i costi, compresi quelli spesso ignorati: commissioni di gestione e di incentivo dei fondi, oneri di custodia, spese di negoziazione, caricamenti delle polizze finanziarie, eventuali commissioni di performance. Le autorità ricordano che gli intermediari devono inviare un rendiconto annuale dei costi sostenuti, una base di partenza per distinguere tra spesa “che crea valore” e spesa pura. Ma i costi sono solo una faccia della medaglia. Il cuore tecnico è la misura del rischio effettivo: posizioni concentrare su poche asset class, valuta non coperta, duration eccessiva in fasi di rialzo tassi, correlazioni sottovalutate, leva implicita in certi prodotti strutturati. La diagnosi individua sovrapposizioni tra fondi e ETF, dispersioni su strumenti “doppioni”, incoerenze tra orizzonte temporale e strumenti e anelli deboli che rendono il portafoglio fragile a potenziali shock di mercato. Poi c’è la componente comportamentale: un bravo indipendente mette in conto come si reagisce alle perdite, fino a che livello di drawdown si riesce a restare lucidi, come evitare di comprare in euforia e vendere in panico. L’uscita è una proposta di riequilibrio, con pesi e soglie di intervento, check periodici e una “mappa” fiscale e successoria coerente.
Studio Travagli Financial: metodo, servizi e posizionamento professionale
Lo Studio Travagli (Travagli Financial) incarna questa impostazione fee-only in modo esplicito. Il posizionamento è chiaro: consulenza a parcella, indipendente, con un perimetro di servizi che attraversa area investimenti, pianificazione e controllo e area immobiliare e finanziamenti. Nel concreto, il cliente trova check up di portafoglio, perizie su singoli titoli, valutazione dell’intermediario, wealth management, gestione della tesoreria per soggetti istituzionali e non profit; quindi, pianificazione fiscale, previdenziale e successoria, college planning, stock option planning; infine pianificazione immobiliare, efficientamento del debito, supporto mutui e finanziamenti.
Il valore aggiunto è l’integrazione tra pianificazione e rendimenti: non basta mettere in ordine i cassetti, bisogna anche saper costruire portafogli robusti, difendibili sul piano dei numeri, verificabili nel tempo. La relazione è continuativa, basata su monitoraggi e interventi di ribilanciamento programmati, con documentazione che rende verificabile ogni passaggio. È così che la perizia portafoglio titoli diventa un protocollo: diagnosi, piano, esecuzione assistita, verifica.
Quando farlo, cosa aspettarsi, perché conviene
Il check up finanziario andrebbe ripetuto almeno una volta l’anno o quando cambiano variabili cruciali: nascita di un figlio, vendita di un immobile, eredità, nuovo business, improvvisi salti di mercato. Il momento migliore è sempre prima che serva, perché la vera protezione si costruisce a freddo. Cosa aspettarsi: un dossier che fotografa situazione attuale, costi, rischi, concentrazioni e obiettivi; una proposta di ristrutturazione con pesi target e regole di intervento; una stima dei benefici netti attesi, soprattutto in termini di riduzione dei costi ricorrenti, coerenza rischio-obiettivo e razionalizzazione fiscale.
È un investimento nell’ordine. E come ogni investimento ben fatto, paga nel tempo. Su tutto, resta un principio: la perizia ha valore se chi la esegue non vende ciò che sta analizzando. È la condizione che consente di dire, con serenità, “questo serve, questo no, questo è troppo costoso, qui si rischia troppo”. E di farlo per iscritto, assumendosi la responsabilità professionale delle raccomandazioni, come pretende la migliore consulenza indipendente.
Un’opinione informata, verificabile e responsabile
La consulenza indipendente restituisce dignità alla parola “consiglio”. Lontano dai cataloghi-product first, un check up finanziario serio sposta l’attenzione dal vendere al misurare. È un cambio di paradigma culturale: si passa dal “ti propongo ciò che ho” al “ti raccomando ciò che serve”. Nella pratica, significa meno frizione di costo, più coerenza con obiettivi reali, meno sorprese nei momenti critici. Non è un servizio per chi cerca l’ennesimo colpo di fortuna, è per chi vuole un processo: paziente, trasparente, replicabile. Si può discutere sui dettagli tecnici – quanto ribilanciare, quanta complessità inserire – ma il punto fermo resta uno: l’incentivo guida il comportamento. E quando l’unico incentivo è la parcella del cliente, la perizia torna a essere ciò che dovrebbe: un’opinione informata, verificabile e responsabile.

