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Taccuino letterario del 3 giugno 2022

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Parolario&Co. è una rubrica settimanale di consigli di lettura realizzata in collaborazione tra Associazione Culturale Parolario, giornale La Provincia di Como e Ciaocomo radio con il patrocinio del Consiglio di Regione Lombardia. Si ringrazia Confindustria Como, Fondazione Volta e BCC Cantù

Quante volte avete letto, o vi è stata riportata la frase: “L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi”. Molte, immagino. Questo aforisma, come tantissimi altri più o meno celebri, sono stati scritti da colui che, universalmente, è considerato il maestro del romanzo moderno, Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust.

Scrittore, saggista e critico letterario francese, la vita di Marcel Proust si snoda nel periodo compreso tra la Comune di Parigi e gli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale; la trasformazione della società francese in quel periodo, con la crisi dell’aristocrazia e l’ascesa della borghesia durante la Terza Repubblica francese, trova nella sua opera maggiore, il monumentale romanzo Alla ricerca del tempo perduto (À la recherche du temps perdu) pubblicato in sette volumi tra il 1913 e il 1927, un’approfondita rappresentazione del mondo dell’epoca in questione.

L’importanza di questo autore, considerato uno dei maggiori scrittori della letteratura mondiale, è legata alla potenza espressiva della sua originale scrittura e alle minuziose descrizioni dei processi interiori legati al ricordo e al sentimento umano; la Recherche infatti è un viaggio nel tempo e nella memoria che si snoda tra vizi e virtù.

Proprio per questo motivo, la puntata di oggi di Parolario & Co parte proprio da qui, da I 75 fogli di Marcel Proust, pubblicati da La Nave di Teseo e nucleo originario di Alla ricerca del tempo perduto: le primissime pagine che Marcel Proust ne ha scritto. Riuniscono i temi emotivamente e narrativamente più importanti del romanzo: l’infanzia, la casa di campagna e le sue due passeggiate, il bacio negato della mamma, i soggiorni al mare con le ragazze in fiore, i nobili, Venezia. Compaiono inoltre figure e momenti poi abbandonati: la morte straziante della mamma, che ritrova in quel momento il viso della giovinezza, e passaggi schiettamente comici. Cercati a lungo, solo ora sono stati ritrovati, in casa del proustiano e grande editore Bernard de Fallois, scomparso nel 2018. Sono testi molto autobiografici, vicini alla vera vita di Proust – il narratore si chiama Marcel, ma già compare l'”Io” narrante, intimo e universale, che fonda la Recherche. Un maestoso apparato di note della specialista Nathalie Mauriac Dyer (una pronipote di Proust) ricollega questi fogli ai manoscritti successivi, prima che questi passaggi approdino al romanzo come lo conosciamo: e così si chiariscono gli aspetti (come l’omosessualità, l’ebraismo, e molti altri) cui quelle pagine perse alludono. Sono sequenze brevi, ma Proust già scrive pienamente come nel suo capolavoro; la traduzione è stata perciò affidata a una letterata proustiana, Anna Isabella Squarzina; l’introduzione per il pubblico italiano è di Daria Galateria, che ha annotato la prima edizione commentata al mondo della Recherche. I settantacinque fogli sono uno storico tassello nell’universo proustiano, finalmente rivelato ai lettori italiani.

Prima di diventare uno dei più grandi editori europei, Bernard de Fallois è stato un professore. Una vocazione alla ricerca e all’insegnamento che non lo ha mai abbandonato, fino a farne uno dei più apprezzati studiosi al mondo dell’opera di Marcel Proust, di cui ha curato e pubblicato diversi inediti. Il volume Saggi su Proust, tradotto da Viviana Agostini Ouafi e Fabrizio Ascari ed edito sempre da La Nave di Teseo, raccoglie per la prima volta in italiano i più importanti saggi proustiani di de Fallois. A partire dalle Sette conferenze su Marcel Proust, rivolte sia ai nuovi lettori sia a chi a quelle pagine decide di ritornare, lezioni capaci di illuminare i temi dell’opera come un’appassionante indagine letteraria: come ha composto Proust il suo romanzo? cos’è un “personaggio proustiano”? che parte hanno nella sua opera il comico, l’amore, la riflessione metafisica e l’arte? L’Introduzione alla Ricerca del tempo perduto, un esempio unico di sintesi e limpidezza, offre un compendio essenziale per leggere in modo consapevole il romanzo della vita di Proust, per ammirarne la novità e misurarne la grandezza. Un percorso arricchito da una raccolta di massime e riflessioni, scelte tra le pagine della Recherche, che ricollega il suo autore alla grande tradizione di Montaigne, Pascal e Balzac. Marcel Proust paragonò il suo libro a una cattedrale, che richiede di fare un passo indietro per coglierne la bellezza, per apprezzarne ogni dettaglio, ogni figura, ogni personaggio. Queste pagine confermano Bernard de Fallois come uno dei maestri più autorevoli con cui iniziare questo viaggio.

Tipici e soffici dolcetti francesi a forma di conchiglia, realizzati con uova, burro, miele, scorza di limone e d’arancia e originari di Commercy, comune situato in Lorena, nella Francia del nord-est, le madeleine, la cui nascita si fa risalire al XVIII secolo, quando Luigi XV, assaggiatele allo Chateau de Commercy, se ne innamorò a tal punto che gli diede il nome della pasticcera che le aveva create, Madeleine Paulmier, sono diventate famose in tutto il mondo anche grazie a Proust, che così ne scriveva in Alla Ricerca del Tempo Perduto:

“Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati madeleine, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto di madeleine. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva? Che senso aveva? All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di madeleine che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio.”

E visto che si parla di Marcel Proust, voglio darvi un consiglio molto personale: ritagliatevi un po’ di tempo e leggete (o rileggete) il suo Un amore di Swann, scritto nel 2013, una sorta di “romanzo nel romanzo”, che si inserisce come un lungo flash back nella prima delle sette parti di Alla ricerca del tempo perduto, rievocando la passione travolgente, dolorosa ed esclusiva di Charles Swann – alter ego dell’io narrante – per la bella Odette de Crécy, enigmatica demi-mondaine, sospesa tra pretese di raffinatezza e freddo opportunismo. Fine esteta, al tempo stesso seducente e sterile, Swann sposa Odette quando ormai non l’ama più. Maestro dell’introspezione psicologica, Proust disegna la parabola del loro tormentato rapporto dalla cieca infatuazione al graduale spegnimento, facendo di questo amore la storia paradigmatica di qualsiasi amore. Vero o presunto che sia, perché, come osserva il filosofo Ortega y Gasset, in questo excursus «c’è dentro di tutto: punti di sensualità calda, pigmenti paonazzi di sospetto, grigi di abitudine, chiari di stanchezza vitale. L’unica cosa che non c’è è l’amore».

Ma perché facciamo quel che facciamo? Che cosa determina il nostro e altrui comportamento? A queste domande, che di certo sono state alla base dell’intero lavoro introspettivo di Proust, tenta di rispondere il libro Neurobiologia della volontà, scritto da Arnaldo Benini ed edito da Raffaello Cortina. Le neuroscienze cognitive dimostrano che la volontà è dovuta esclusivamente a meccanismi nervosi. A scelta avvenuta, essi informano i centri dell’autocoscienza nei lobi prefrontali. La decisione è presa col concorso di meccanismi nervosi cognitivi ed emotivi. Ogni esperienza, grazie alla plasticità cerebrale, modifica struttura e funzionamento del cervello e quindi condiziona volontà, riflessioni e comportamenti futuri. Si è convinti d’essere liberi di scegliere e la convinzione illusoria che la volontà sia libera è un evento nervoso costante, frutto della selezione evolutiva che ha dato all’uomo il senso della responsabilità, senza il quale la specie umana si sarebbe verosimilmente autodistrutta. Con una breve disamina storica dei dilemmi filosofici del libero arbitrio, il libro è un’introduzione divulgativa agli studi sui meccanismi nervosi della volontà e sull’illusione benefica che essa sia libera.

E, tanto per restare in tema, per allenare la capacità di osservazione dei più piccini, per i bambini e le bambine dai due anni in su consigliamo la lettura del libro La giraffa a cinque zampe, pubblicato da Edizioni Clichy e creato da Barroux, uno dei più importanti illustratori della scena internazionale, che torna a stupire con la formula del Cerca-Trova, l’espediente narrativo che lo ha reso celebre con la serie Dov’è l’elefante?.

Un albo pensato per i più piccoli, capace di stimolare la loro attenzione con mille dettagli da trovare. Tanti simpatici animali, praticamente identici, ma con particolari che li rendono unici, un moderno «trova le differenze» che accenderà la curiosità e l’acume dei bambini. Le illustrazioni del grande Barroux sono gioiose e piene di vitalità, con colori accesi e controscene irresistibili. Il testo semplice, immediato e in maiuscolo è al servizio delle immagini.

A cura di Alessia Roversi

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