Salone musa

Carducci, proseguono le conferenze sul colore: di scena, il blu

Venerdì 20 maggio, alle 18, l'architetto Nicoletta Brenna terrà la conferenza dal titolo "Blu. Dalle stalle alle stelle"

colore blu conferenza carducci

Venerdì 20 maggio, alle ore 18, presso il Salone Musa dell’Associazione Giosué Carducci in viale Cavallotti 7 a Como, si terrà la seconda conferenza sul colore dal titolo: Blu. Dalle stalle alle stelle, a cura dell’architetto comasco Nicoletta Brenna, che da anni si interessa di grafica, di pittura botanica, di acquerello ed è cofondatrice del gruppo artistico “Quartodecimo” e del gruppo “Animus-Anima”.

Il colore blu, amatissimo dagli Egizi, dai Babilonesi e dai Persiani, era invece disprezzato dai Romani perché lo ritenevano retaggio dei Barbari, che spesso scendevano in battaglia dipingendosi il volto e il corpo con strisce blu proprio per apparire più terribili e feroci. Per questo motivo, i Romani li chiamarono Picti, cioè dipinti, pur non lasciandosi impressionare più di tanto da loro. Più tardi si seppe che quel colore veniva ricavato da una pianta che i Picti chiamavano “woad”, parola che venne diffusa come “guado” e ingentilita successivamente in “gualdo”, che divenne di grande importanza per l’economia. I Visconti e gli Sforza emarono numerose raccomandazioni sulla “tratta” del Gualdo nello Stato di Milano, perché su questa coltura si estendeva la mano del Fisco a vantaggio della Camera Ducale e rappresentava, pertanto, un gettito d’entrata fiscale di grande interesse, impegnando gli uffici ducali nella sorveglianza contro le frodi e il contrabbando. Il gualdo riempiva di fiammate gialle le campagne della pianura lombarda fino a Tortona ed Alessandria, forniva lavoro a migliaia e migliaia di contadini.
Ma ad un certo momento del secolo XVI, Vasco da Gama, dopo avere aggirato il Capo di Buona Speranza, portò dall’India una pianta fino ad allora quasi sconosciuta che avrebbe azzerata la fortuna del gualdo: questa pianta si chiamava “Indaco” e aveva il vantaggio di contenere una concentrazione dieci volte maggiore di colorante. La scomparsa del gualdo dalle tintorie e dai campi non fu tuttavia immediata: si trattò di una crisi che si concluse con l’abbandono della coltura a metà del Settecento ma che, nel periodo napoleonico, a causa del Blocco Continentale imposto dagli Inglesi che chiuse i porti alle importazioni extraeuropee e tramutò l’indaco in merce di contrabbando, il gualdo ebbe ancora un nuovo guizzo di celebrità. Poi tutto finì col trionfo della chimica.
In onore di questo colorante, che fu importato nella nostra città di Como in grandi quantità ad uso dei tintori, verrà letta, in apertura, una novella singolare di Matteo Bandello (1485-1561) il domenicano nato a Ronco Scrivia ma di coltura “lombarda” e vissuto a contatto con la corte milanese. È la novella XLIII, ambientata proprio a Como.

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