La protesta

Anche gli artigiani alzano la voce:”Non siamo noi il problema, fateci riaprire subito”

Le voci della categoria che rappresentano i settori più colpiti dalle limitazione anti-covid

“Basta vivere nel limbo, fateci riaprire. Nelle nostre imprese siamo in grado di garantire sicurezza
e tutela dei clienti e dei nostri collaboratori già prima della pandemia”. Il Coro è unanime. Sono le voci di artigiani che fanno parte dei settori economici che più di altristanno subendo i maggiori contraccolpi, economici e psicologici, delle restrizioni imposte dai vari decreti. La loro rabbia arriva a poche ora dalla protesta a Porta Torre (qui sotto) di ambulanti e commercianti sotto la guida di Confesercenti-

 

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La protesta dei commercianti a Porta Torre: “fateci riaprire”

Gianluigi Berini autonoleggiatore con conducente e Presidente di Confartigianato Trasporti,
è comprensibilmente contrariato.
“E’ da una anno che stiamo subendo i peggiori effetti della pandemia. Altro ché 30% di calo del
fatturato, noi ci avviciniamo al 100%. Nonostante abbiamo cercato fin da subito di investire
risorse consistenti per dotare i nostri mezzi di dispositivi di protezione per garantire l’incolumità
dei clienti e anche dei nostri collaboratori, ancora oggi viviamo una condizione che non
incoraggia certamente le persone ad utilizzare i nostri servizi.
Oltretutto – incalza Berini – se invece di promuovere quei settori che hanno messo in atto tutte
le disposizioni per limitare il contagio, si permette alle persone di prendere un aereo e di
trascorrere le vacanze pasquali all’estero, oltre a subire i danni ci sentiamo anche mortificati”.

 

Elisabetta Maccioni titolare di un salone di acconciature e Presidente del settore benessere
che raccoglie la rappresentanza di parrucchieri ed estetiste rincara la dose. “E’ una situazione
ormai insostenibile e incomprensibile. In più occasioni abbiamo dimostrato che la sicurezza nei
nostri saloni e negli studi estetici non è un optional anzi. Ben prima del covid i principi di igiene
e tutela del cliente, erano una prassi consolidata. Guanti, maschere, autoclavi igienizzanti degli
strumenti insieme a quelli monouso che quotidianamente utilizziamo, fanno parte da tempo
della nostra professionalità e della nostra storia imprenditoriale.
Non siamo noi il problema – continua Maccioni – ma come più volte ho segnalato, è l’abusivismo
che sta dilagando e contribuendo ad innescare i contagi nelle case. Al di là delle prestazioni
standard che offriamo alle persone, tra i nostri clienti annoveriamo diversi soggetti che hanno
avviato veri e propri percorsi specifici per ovviare per esempio ad un disagio nell’ambito
tricologico e che hanno dovuto bruscamente interrompere nostro malgrado, causando anche
a loro un danno. Fateci lavorare, così come è stato sancito dall’ultima ordinanza regionale, con
la quale si è consentito ai toelettatori di animali da compagnia di aprire le loro attività su
appuntamento. Parrucchieri ed estetiste, hanno sempre pianificato il loro lavoro su
appuntamento proprio per garantire il rispetto della salute del cliente, dei nostri collaboratori e
la nostra”.

 

Francesco Mattei, taxista e Presidente della categoria di Confartigianato, non nasconde
l’amarezza di una realtà che analogamente ai noleggiatori sta coinvolgendo tutto il settore del
trasporto persone.
“Anche noi siamo praticamente fermi da più di un anno. La chiusura delle aziende, la
contrazione del turismo ha minato fortemente la nostra attività. L’altro ieri – continua Mattei –
in servizio dalle 8 alle 19, ho fatto una corsa sola. Il nostro lavoro si basa soprattutto sui rapporti
d’affari e su un’offerta turistica completamente assente che pesano per oltre il 70% nella nostra
attività. Qualche persona si fida della nostra professionalità e delle azioni di protezione che
abbiamo messo in atto sui nostri veicoli ma certamente, come detto, non compensano il volume
d’affari che abbiamo perso. Se qualcuno non si mette seriamente ad affrontare il problema non
sappiamo fino a quando potremo resistere ancora in queste condizioni”.

 

Lorenzo Frigerio titolare di un’azienda di tessuti per l’abbigliamento e Presidente del settore
Moda di Confartigianato, traccia un quadro di incertezze per un comparto fondamentale del
manifatturiero come quello del tessile e della moda, che in questo lungo anno di emergenza ha
subito pesanti penalizzazioni dal fermo totale del mercato interno, e dalle conseguenze della crisi
pandemica internazionale, che ha di fatto chiuso tutti gli sbocchi commerciali con l’estero.
“Il 2020 per il tessile è stato una anno compromesso da una situazione a dir poco surreale –
sottolinea Frigerio – intere produzioni invendute, crollo degli ordini, collezioni rese obsolete da
stagioni bruciate dai lockdown, fiere e missioni italiane ed estere soppresse o rinviate all’infinito,
pagamenti disattesi che stanno diventando crediti inesigibili, praticamente uno tsunami di
proporzioni planetarie che lascerà profonde cicatrici nel nostro settore.
Se penso alle migliaia di micro e piccole imprese che gravitano nella filiera tessile – continua
Frigerio – vedo un territorio cosparso da migliaia di piccole luci che potrebbero spegnersi, da un
momento all’altro, lasciando macchie scure sempre più ampie. E’ una situazione veramente
critica alla quale abbiamo cercato di rispondere immediatamente, ampliando, diversificando
l’offerta e modificando le produzioni, disponendo le opportune protezioni nelle nostre imprese
per continuare a lavorare, ma se i mercati non riescono ad assorbile la produzione, l’intera filiera
non sarà in grado di sostenere ancora a lungo un trauma così grave.
L’errore di base è stato quello di non intervenire immediatamente in modo sostanziale e
massiccio a sostenere le imprese del manifatturiero, lasciandole indifese di fronte ad una
catastrofe annunciata e anche quest’ultimo decreto sostegni, non ha risposto alle nostre
aspettative. E’ paradossale lasciare un negozio di abbigliamento chiuso ben sapendo che può
accogliere in piena sicurezza un cliente alla volta senza assembramenti rischiosi e così anche
per altre numerose attività oggi chiuse.
Riprendere in queste condizioni non sarà facile, anche perché alcune economie, asiatiche e
americane, stanno riaccendendo i motori e stanno già correndo avanti a noi, influenzando
l’aumento del costo delle materie prime che si rifletterà sul costo del lavoro e quindi sul prodotto
finito, e se le nostre aziende non troveranno un solido appoggio subiremo anche i contraccolpi
congiunturali di una concorrenza che si è già rialzata”.

 

“Per una reale ripresa dell’economia è necessario procedere con una campagna vaccinale rapida
e su larga scala e Confartigianato ha già dato la propria disponibilità a collaborare anche a livello
regionale – sottolinea il Presidente di Confartigianato Como Roberto Galli – ma ad oggi però
dobbiamo fare i conti con le restrizioni in atto che rischiano veramente di compromettere il futuro di
migliaia di aziende artigiane.
Se il DPCM verrà riconfermato anche dopo Pasqua lasciando ancora chiuse le imprese, chiederemo
urgentemente un incontro con il Prefetto per rappresentargli la drammaticità della situazione, ma
anche proporre deroghe praticabili per riaprire esercizi ed attività che possono assicurare pienamente
alti standard di sicurezza e di protezione.
I sostegni fin qui erogati non bastano. Bisogna costruire un futuro a misura di piccole imprese.
Gli artigiani sono stati colpiti duramente dalla crisi. Il 32% delle piccole imprese avrà gravi
difficoltà operative a ripartire, in alcuni settori come il manifatturiero le perdite sono state molto
pesanti. Gli aiuti decisi dal Governo sono ampiamente insufficienti a compensare l’impatto della
crisi su un mondo così vasto. Le piccole aziende – conclude Galli – hanno anche saputo reagire,
reinventarsi, anche grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali sono riuscite a riconvertirsi. Sul
fronte del lavoro vanno riconosciuti ammortizzatori in grado di valorizzare la specificità degli
strumenti della bilateralità artigiana e va rilanciata la formazione tecnica e professionale”.

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