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INCONTRI: Michele Caccamo “Il segno clinico di Alda”

incontri michele caccamo

di Sabrina Sigon

Il suo penultimo libro “Con le mani cariche di rose” (Lit Edizioni, marzo 2019), in cui racconta la vita della famosa poetessa Renée Vivien attraverso le emozioni e i pensieri più intimi, è finalista della VI edizione del Premio Internazionale di Letteratura Città di Como che, proprio sabato 12 ottobre alle ore 16.00 presso Villa Olmo, decreterà il suo vincitore.

Editore, poeta e scrittore, Michele Caccamo presenterà in anteprima nazionale il suo ultimo lavoro “Il segno clinico di Alda” (ed. Elliot) proprio a Como, venerdì 11 ottobre alle ore 18.00, all’ex ospedale psichiatrico San Martino.

Nipote di un conte comasco diseredato per aver sposato una contadina, il padre impiegato nel ramo assicurativo e la madre casalinga, Alda Merini si descriveva come una ragazza sensibile e dal carattere malinconico, piuttosto isolata e poco compresa dai suoi genitori, ma molto brava ai corsi elementari. Chi è, per Michele Caccamo, Alda Merini, e cosa rappresenta?

Alda mi ha incantato, da subito. Il nostro primo incontro è stato dominato dal buio e dal silenzio del paesaggio di ulivi della Calabria. Ci stavamo recando in auto dall’aeroporto di Lamezia a Taurianova. Lei era terrorizzata dal buio e non parlò per tutto il tragitto. Quel silenzio mi incantò, come successivamente, frequentandola, la sua generosità, la sua capacità di vivere senza mai frapporre schermi al bene e al male.

Non avrei potuto scrivere in quel momento nulla che riguardasse i fiori perché io stessa ero diventata un fiore, io stessa avevo un gambo e una linfa”.

(Alda Merini, da L’altra verità. Diario di una diversa)

Un malessere, quello della Merini, iniziato già dalle scuole elementari e curato con le vitamine; poi la crisi mistica, la successiva diagnosi di disturbo bipolare, i ripetuti ricoveri in manicomio e, al tempo stesso, la poesia e le numerose pubblicazioni: quali sono le caratteristiche che più ti hanno colpito di questa artista?

Alda, con la saggezza della sua follia, ha illuminato un mondo opaco, malato, cattivo. I suoi versi rovesciano il senso comune, in alcuni casi diventano una sorta di danza orgiastica tesa verso l’infinito, in altri ci sprofondano nel silenzio assoluto che corrode l’anima. La sua sincerità ti trafigge e credo sia per questo motivo che è la poetessa contemporanea più amata.

Com’è strutturato il tuo libro su Alda Merini?

Alda mi ha regalato undici suoi scritti, da lei chiamati “fogli matti”, composti durante il suo ricovero nel manicomio di Taranto, tra il 1985 e il 1986. Gli eredi non hanno consentito la pubblicazione. Ispirato da questi inediti ho composto poesie e scritto momenti di riflessione, immaginando cosa lei intendesse nel segreto di quei deliri.

L’attualità della poesia della Merini: in cosa consiste il “segno clinico” che ci ha lasciato?

Il segno clinico di Alda non può essere altro che la sua assoluta libertà. Era libera nell’angustia di un letto di manicomio, era libera nei suoi indocili amori, era libera nel vociare dei suoi demoni interiori, era libera tra le chiacchiere dei suoi amici intellettuali, era libera nei tradimenti della sua anima.

 

“Amai teneramente dei dolcissimi amanti

senza che essi sapessero mai nulla.

E su questi intessei tele di ragno

e fui preda della mia stessa materia.

In me l’anima c’era della meretrice

della santa della sanguinaria e dell’ipocrita.

Molti diedero al mio modo di vivere un nome

e fui soltanto una isterica”.

(Alda Merini, da “La gazza ladra”)

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Oltre a essere Direttore della collana “Emersioni” (Gruppo Lit – Castelvecchi) di cui Pietro D’Amore è Editore, sei anche il fondatore de “Il Seme Bianco”, con lo stesso D’Amore e Luisella Pescatori. Qual è il “segno” che questa Casa Editrice vuole lasciare nel mondo dell’editoria?

Emersioni è una casa editrice che vuole “far emergere” autori che abbiano una propria particolare visione, un punto di vista originale che permetta al lettore di curiosare in ambiti narrativi ed espressivi meno tradizionali e che spesso non trovano voce in circuiti editoriali più paludati.

“Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi; come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita”

(Alda Merini, La pazza della porta accanto)

 

Michele Caccamo
“Il segno clinico di Alda”

Presentazione a cura dello scrittore, poeta e rettore della Libera Università del Tempo Ritrovato del San Martino Mauro Fogliaresi
Venerdì 11 ottobre ore 18.00
CRAL Via Castelnuovo, 1
Como

sabrina sigon piede pagina
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