Como

INCONTRI: Suoni del domani per il Brasile. Alberto Eisenhardt de l’Associazione Casa dos Curumins

incontri sigon brasile

Pedrera, distretto alla periferia sud della città di San Paolo del Brasile, quattrocentomila abitanti di cui circa centomila vivono nelle favelas. Qui le baracche sono aggrovigliate come i fili della corrente che le sovrastano, formando quartieri affollati e stanchi – realtà tipiche del Sudamerica – a ridosso delle megalopoli.

Qui i ragazzi vanno a scuola a turni, perché le aule non bastano, e attraversano vicoli pericolosi e maleodoranti per cercare quell’istruzione che, forse, non riusciranno mai a raggiungere.

Associazione Casa dos Curumins, un’oasi di pace e civiltà, un’alternativa alle logiche della strada.

Qui i bambini vengono accolti, accuditi, qui viene ascoltata la loro voce, che porta in sé quel grido quotidiano e silenzioso che chiede un futuro.

Grido che Alberto e Adriana Eisenhardt, i due coniugi fondatori di questa associazione, hanno saputo intercettare e, con impegno e dedizione ma soprattutto la chiara visione di un obiettivo ben preciso, raccogliere per realizzare quella che nel loro progetto, in lingua Tupi-Guarani si chiama: “Casa dei Ragazzi”.

“Per dare loro principalmente quella serenità e le opportunità”, dice Alberto “che ogni persona a quell’età dovrebbe avere”.

 

Ed è proprio ad Alberto Eisenhardt, che vive in Brasile ma è tornato in Svizzera per una serie di concerti organizzati insieme al cantante e violinista Sebalter – il 25 e 26 di maggio saranno al Teatro Sociale di Bellinzona e il 28 maggio all’Officina della Musica di Como – che chiedo di raccontarmi di questa esperienza, dal momento in cui è nata a oggi.

Mi sono sposato nell’87, mia moglie Adriana è nata in Brasile e qui in Svizzera ha lavorato come avvocato e notaio, e da allora ho frequentato il Brasile per anni, conoscendo poco alla volta sia la città di San Paolo sia la sua periferia, entrando in contatto con diverse persone che, in questo paese, si occupano di progetti sociali.

Poi, nel 2002, per la realizzazione di un documentario, ho vissuto nel distretto di Pedrera per un mese e mezzo. Lo ricordo come se fosse ieri, eravamo alla fine delle riprese e, con il collega e cameraman Riccardo Brunner con cui ho condiviso questa esperienza, ci preparavamo a tornarcene a casa, quando Bruno, uno dei protagonisti del documentario, che allora aveva quattordici anni ci avvicinò.  Bruno attirò la nostra attenzione perché venne dritto verso di noi e ci disse, guardandoci negli occhi: “Se qualcuno mi darà la chiave, aprirò la porta”.

Quella frase, in quel contesto, dopo che avevamo vissuto a contatto diretto con il degrado di quei luoghi, mi colpì tantissimo, e trascorsi tutto il viaggio di ritorno e le settimane successive a pensarci, finché compresi che non era una frase che si potesse lasciar cadere così, come se niente fosse.

Oggi posso dire che questa Associazione è nata nello spazio che c’è stato fra il domandarci come poter offrire opportunità concrete a Bruno, e il momento in cui abbiamo trovato le risposte che contemplassero tutti i modi per dare possibilità di riscatto a questi ragazzi.

 

Dici giustamente “abbiamo” perché al tuo fianco, in questo progetto, c’è anche tua moglie Adriana; quando è stato il momento in cui avete pensato che un grande desiderio di influire su questa realtà potesse diventare qualcosa di concreto e fattibile?

Dal 2003 al 2005 abbiamo cominciato a lavorare al progetto a distanza, dapprima in maniera informale e ufficiosa per poi, dal 2005 in avanti, costituire ufficialmente a tutti gli effetti l’Associazione che ancora oggi dirigiamo. Non c’è stato quindi un momento preciso, ma una volontà costante di voler superare tutti gli ostacoli che la messa in moto di un meccanismo del genere provoca, sia da parte delle autorità locali della periferia, sia di quelle della città stessa. Una grande sfida, che abbiamo raccolto e portato avanti nel tempo malgrado tutto, cominciando a strutturarla e dotarla di quegli strumenti concreti che le avrebbero permesso di prendere, poco alla volta, una forma.

 

Che obiettivo primario si è data la vostra Associazione, e attraverso quali strumenti?

Quando hai a che fare con bambini, ragazzi che passano almeno metà della loro giornata in strada, perché la loro famiglia, spesso monoparentale, non è presente, la prima cosa che devi fare è dare loro una casa. Un luogo che sia un punto di riferimento, la sede di quei valori che ti strutturano, e ti aiutano a ritrovare fiducia nel mondo adulto. Entrando ancora più nel concreto cibo, vestiti, tutto ciò che riguarda i bisogni primari, con affetto e predisposizione all’ascolto delle loro richieste, domande che rimandano alla nostra responsabilità come adulti.

 

Fisiologia, sicurezza, appartenenza. Siete dovuti partire dalla base della piramide dei bisogni dell’uomo, quindi.

Infatti. Se non cominci da qui tutto quello che viene dopo non ha senso e non riesce a svilupparsi nel modo giusto. Quindi anche per la parte che riguarda la didattica abbiamo strutturato un lavoro che facesse crescere nei bambini la cultura della loro storia, delle loro radici, che riguardasse la realtà che li circonda. Ci sentiamo investiti di una grande responsabilità, con questi giovani, che sono come dei fogli bianchi sui quali quello che scriviamo poi rimane; dobbiamo stare molto attenti a scrivere le cose giuste. Lavoriamo con loro tutti i giorni, attraverso programmi calibrati e studiati apposta, che poco hanno a che vedere con i percorsi accademici che ci sono qui da noi in Europa. E proprio per questo, in questa situazione e con questi presupposti, accade l’impensabile, quello che non si era previsto: in assenza di una cultura standardizzata, quando abbiamo cominciato ad addentrarci insieme

ai ragazzi nel mondo dell’arte, specialmente pittura e musica, abbiamo visto emergere dei talenti incredibili, singolari nel loro modo di esprimersi e dotati di una grande personalità. Infine, un altro grande problema che abbiamo dovuto affrontare con questi ragazzi è l’alfabetizzazione, se consideri che, dati statistici alla mano, abbiamo un analfabetismo funzionale del 70%. Ecco perché parte importante del programma è l’insegnamento della lingua portoghese.

 

Com’è strutturata la vostra comunità e quanta gente collabora? 

450 ragazzi fissi, un asilo dai 4 mesi ai 4 anni, poi si prosegue e dai 5 ai 15 anni organizziamo corsi di alfabetizzazione, pittura, arte, informatica, sport; li portiamo a teatro, i nostri ragazzi, e a visitare musei. Questi sono i numeri ufficiali; poi ci sono giorni in cui ci accorgiamo che le classi diventano sovraffollate, e allora capiamo che c’è stata qualche emergenza… non chiudiamo mai la nostra porta alle emergenze. Sessanta i dipendenti, fra educatori e assistenti, poi alcuni volontari fra le persone del

posto, che capiscono l’importanza di questo progetto e desiderano sostenerlo. Talvolta anche i ragazzi stessi, terminati gli studi, decidono di fermarsi e collaborare con noi.

Una volta all’anno portiamo i ragazzi per cinque giorni al mare; abbiamo una collaborazione con un sindacato che ci offre la sua struttura nel mese di ottobre, e questa è una cosa meravigliosa. Quando avevo girato il documentario, nel 2002, il ragazzo di cui ti ho parlato prima, Bruno, mi aveva regalato un foglio con un disegno. Su quel disegno c’era scritto: “Portami nella memoria, perché il mio futuro è la morte”. Poter portare al mare, oggi, ragazzi come Bruno ti assicuro, è una soddisfazione incredibile.

Per continuare con i dati, un centinaio sono gli anziani che assistiamo qui da noi, e 140 gli alunni della scuola di musica, da cui si è formato un gruppo di 22 ragazzi che si esibisce in concerti con la partecipazione di importanti musicisti della scena brasiliana e internazionale.

 

La vostra scuola di musica, in Brasile, vanta un padrino d’eccezione, Sebalter, all’anagrafe Sebastiano Paù-Lessi, riconosciuto cantante e violinista svizzero; come è nata questa collaborazione?

Era il 12 agosto del 2016 quando, in Brasile, per l’inaugurazione della scuola filantropica Quarteirao da Musica, progetto di musica della nostra associazione, fu proprio Sebalter a tagliare il nastro e, per l’occasione, a salire sul palco della comunità della Pedreira, a San Paolo, per suonare con la Banda dos Curumins, il gruppo musicale formato dagli allievi e insegnanti della scuola di musica.

È stata proprio la scuola di musica, poi, ad attirare l’attenzione di diversi musicisti famosi che oggi, in Brasile, si dedicano con passione insieme a noi alla sfida di formare i giovani. Quando portiamo i nostri ragazzi a sentire i concerti e raccontiamo la loro storia, si crea subito un legame forte perché spesso anche i musicisti affermati hanno un passato di difficoltà di questo tipo, spesso arrivano da storie analoghe. Ecco che molti di loro si sono identificati con i ragazzi e hanno aderito al nostro progetto; anche loro hanno dovuto lottare, ci dicono, e spesso senza nessun tipo di aiuto; è per questo che si sentono molto coinvolti dalle nostre storie. Collaborano con noi in modo del tutto gratuito, vengono a suonare con partecipazione e convinzione.

 

Artisti brasiliani ma di fama internazionale come la cantante Vanessa Moreno, il pianista Salomão Soares, il batterista Jonatas Sansão. La musica come strumento che conduce dalla Favela alla dignità, mi hai detto a un certo punto dell’intervista. E allora direi che è arrivato il momento di presentarli, questi tre straordinari artisti che suoneranno martedì 28 maggio all’Officina della Musica. 

Il pianista, Salomão Soares, è una delle grandi scommesse del mondo musicale brasiliano per quanto riguarda l’uso del pianoforte sia da un punto di vista della tecnica, sia per la sua capacità espressiva: note che raccontano sentimenti unici, le sue. Nato a Paraiba, stato del Ceará, Salomão Soares, è anche compositore e arrangiatore dotato, sensibile e carismatico. Pensa che nel 2017 è stato insignito del premio MIMO Instrumental Award, e il luglio dello stesso anno l’ha visto come finalista al Festival di Montreux. Questo giovane talento ha già condiviso il palco con importanti nomi della musica brasiliana come Hermeto Pascoal, Filò Machado, Nené, Vinicius Dorin e Altay Veloso.

E poi la favolosa cantante Vanessa Moreno; di lei non ti voglio elencare i premi che ha vinto, come quello del 2017 come miglior cantante in Brasile, né le sue partecipazioni importanti. Di lei ti voglio raccontare che, al concerto di ieri sera, come ha cominciato a esibirsi tutti sono rimasti incantati; è straordinaria, magnifica, possiede una capacità vocale che sa rapire l’ascoltatore. La gente si è chiesta cosa stava succedendo, ieri sera, e da dove arrivava tutta quella magia.

Alla serata di martedì in Officina parteciperà anche Jonatas Sansão, batterista del gruppo, che ha cominciato a suonare dall’età di otto anni ed è diventato famoso in Brasile distinguendosi grazie alla sua tecnica, alla sua versatilità e al suo innegabile talento. Vanta anche lui collaborazioni importanti, con Michel Leme, Alexander Mihanovich, Daniel D’Alcantara.

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Saranno loro, quindi, con la loro magia, i protagonisti della serata di beneficenza all’Officina della Musica, per aiutare proprio questo progetto musicale così importante per i bambini del Brasile. Alberto puoi darci qualche anticipazione su quale sarà il repertorio che proporrete per la serata?

Il Duo Vanessa Moreno e Salomão Soares presenterà alcune canzoni dell’album che sta per essere pubblicato in Brasile dal titolo “Chao de Flutuar”. Il disco ha reinterpretazioni del songbook brasiliano, suonato con molta leggerezza, creatività e improvvisazione. La seconda parte dello spettacolo sarà anche caratterizzata dalla partecipazione speciale del batterista brasiliano Jonatas Sansão, di cui ti ho parlato prima. Fra i brani che verranno proposti, Canção do amanhecer, Lamento sertanejo, Boca de leão e Milonga gris.

 

Saluto e ringrazio Alberto Eisenhardt per questa intervista e per l’importante lavoro che lui e sua moglie Adriana fanno per i bambini in Brasile. L’appuntamento, con loro, sarà martedì 28 maggio alle ore 21.00 all’Officina della Musica, dove chi desidera partecipare avrà il piacere di conoscerli e ascoltare lo splendido concerto previsto per la serata. 

In un luogo che ama la musica non poteva mancare un evento così: note per raccontare la bellezza di questa esperienza, note per raccogliere solidarietà e partecipazione.   

 

Martedì 28 maggio ore 21.00, Officina della Musica di Como

Ingresso Soci €10

Per info e prenotazioni

Tel..3492803395

info@notasunota.it

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