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In montagna sempre più guide “rosa”, una professione in crescita tra le donne

Sono finiti i tempi in cui la guida era quasi esclusivamente un “uomo” delle montagne con occhiali da ghiacciaio che mai avrebbero lasciato trasparire sguardo e emozioni. Seppur ancora in minoranza rispetto agli uomini, sono in notevole aumento le donne che scelgono di intraprendere questa professione, mettendosi alla guida di gruppi di escursionisti. Una tendenza in crescita anche nel comasco.

E’ quel che afferma la Compagnia dei Cammini, associazione di turismo sostenibile dedita a diffondere la cultura del camminare, dove, ogni anno, aumentano le guide donna che accompagnano i camminanti nei viaggi. Un dato confermato anche dal Collegio Nazionale Guide Alpine, secondo cui nel 2016, anche se in netto svantaggio sugli uomini, le donne iniziano ad essere presenti tra gli accompagnatori con 68 donne su 279 uomini (a cui compete accompagnare i clienti su terreni escursionistici dove non sono richieste tecniche alpinistiche), 12 guide alpine e 5 aspiranti donne.

Un tempo totale appannaggio degli uomini, sia per motivi fisici che culturali, a sfatare il mito di una professione prettamente “maschile” hanno iniziato le grandi alpiniste, donne che hanno contribuito ad aprire la cultura della montagna anche al genere femminile. Personaggi del calibro di Marie Paradis, Henriette d’Angeville, Lucy Walker nell’ ‘800 hanno smesso di aspettare gli uomini a casa per avventurarsi eroicamente alla conquista delle vette. A rompere definitivamente gli schemi sono state poi tante altre donne del ‘900 come l’inglese Alison Hargreaves, l’italiana Nives Meroi, L’austriaca Gerlinde Kaltenbrunner e la giapponese Junko Tabei.

Per diventare “guide” non è necessario compiere imprese eroiche, né scalare vette irraggiungibili, perché il cammino parte da una concezione nettamente diversa dall’agonismo delle scalate, come spiega Roberta Ferraris, guida della Compagnia dei Cammini: “Non è importante la performance atletica, contano poco o niente la somma dei dislivelli o le cime conquistate. Importante è riuscire a far vedere quello che gli occhi distratti dalla vita urbanizzata non vedono più. Importante è la lettura del paesaggio, capire la relazione tra specie umana e il suo ambiente, il fragile ecosistema del pianeta Terra. Importante è ritornare con i piedi sul suolo, riconnettersi con la terra e con se stessi. Importante è leggere il filo della storia e della civiltà che corre lungo le antiche vie”.

guide di montagna donne

C’è chi dunque si avvicina a questo mestiere perché l’ha “respirato” in famiglia, chi abbandona il “posto fisso” per seguire una vocazione e farne una scelta di vita sostenibile e chi, invece, parte dalla propria passione di camminante o per il territorio per trasformarla poi in una vera e propria professione. In questa scelta anche la formazione ha la sua importanza infatti si può diventare guida, partecipando ai corsi all’AIGAE: associazione guide ambientali ed escursionistiche (dalle 400 alle 600 ore) o presso l’associazione Guide Alpine Italiane per corsi di accompagnatori di media montagna. Se invece si decide intraprendere una qualifica per accompagnare in alta montagna è necessario effettuare corsi per guide alpine con l’associazione Guide Alpine. Ma, come consiglia anche Luca Gianotti, coordinatore della Compagnia dei Cammini per fare del cammino una vera e propria professione “E’ importante camminare. Per più giorni, in contesti diversi. Leggere diari di viaggio (ce ne sono a centinaia ormai), approfondire i mondi del turismo sostenibile, dell’economia solidale, dei cambiamenti virtuosi in atto in Italia e nel mondo. Frequentare i festival e i convegni dedicati al tema del camminare, le associazioni che lo fanno a un certo livello. Farsi cioè una cultura del camminare, perché non basta saper riconoscere le piante o le rocce per essere una guida. E poi, certo, fare un corso per prendere un patentino, corsi che ancora dipendono dalle normative regionali.”

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