Cronaca

Antimafia: l’operazione “Insubria” continua in Calabria

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L’operazione “Insubria” che il 18 novembre scorso ha portato a sgominare tre cosiddette “locali” che operavano tra la Brianza comasca e il lecchese ha portato,oggi, ad altri arresti in Calabria. Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta di questa Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 5 persone che sarebbero esponenti della ‘ndrangheta di GiffoneGrotteria. Ritenuti responsabili di associazione mafiosa, i 5 avrebbero operato sul territorio della provincia di Reggio Calabria, sul territorio nazionale ed estero.

GLI ARRESTATI sono Giuseppe Larosa, nato a Polistena, 49enne;Pasquale Valente, nato a Taurianova, 52enne; Salvatore Bruzzese, nato a Grotteria, 62enne; Antonio Mandaglio, nato a Giffone, 67enne;Vincenzo Carlino, nato a Grotteria, 60enne.

Il GIP di Reggio Calabria, Adriana Trapani, ha emesso la misura cautelare in carcere a seguito del provvedimento di fermo a cui è stata data esecuzione il 18 novembre e disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti dei primi 3 destinatari sopra elencati, che secondo gli inquirenti sarebbero inseriti, con cariche importanti, nelle Locali di ‘ndrangheta di Giffone e a quella di Grotteria. Per i primi due indagati, il GIP del Tribunale di Palmi ha convalidato il fermo e rimesso gli atti a quello di Reggio Calabria, avendo rilevato – come di rito – la propria incompetenza funzionale; mentre, sul conto di Bruzzese, il GIP del Tribunale di Locri aveva ordinato la immediata liberazione, non ritenendo sufficientemente grave il quadro indiziario a suo carico raccolto.

Le indagini, come si ricorderà, sono state basate su attività di intercettazione, riprese video effettuate nel corso di servizi di osservazione e pedinamento, nonché sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e sono scaturite dalle risultanze investigative acquisite nel corso di altra attività di indagine svolta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Milano e dal ROS di Milano; l’indagine denominata “Insubria” che ha portato, sempre il 18 novembre all’esecuzione di una misura cautelare in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti di 40 indagati, ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta esistente ed operativa in Lombardia.

Dalle complessive attività investigative sarebbe emerso che Larosa, conosciuto come Peppe la mucca, ricoprisse ruolo di vertice della ‘ndrangheta e, in particolare, nell’articolazione territoriale riferibile alla Locale di Giffone, alla quale sono subordinate le Locali individuate nella Brianza comasca di Cermenate e Fino Mornasco, e quella di Calolziocorte nel lecchese, nonché altre Locali ancora non meglio individuate. Inoltre, l’organizzazione mafiosa di Giffone, che sarebbe capeggiata da Lorosa, così come sarebbe stato documentato nel corso delle attività investigative condotte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria nell’ambito dell’indagine denominata “Helvetia” dell’agosto scorso, sarebbe collegata con altre strutture ‘ndranghetistiche calabresi, quali la Locale di Fabrizia della provincia di Vibo Valentia e con la dipendente Società di Frauenfeld (Svizzera).

Le attività investigative avrebbero consentito di documentare, come il panettiere incensurato Pasquale Valente, già arrestato a novembre, ricoprisse un ruolo di rilievo nell’ambito della Locale di Giffone e fosse in stretto contatto con Larosa, al pari di Antonio Mandaglio, macellaio giffonese, che avrebbe ricoperto un ruolo di vertice nello stesso sodalizio, tanto da essere ritenuto fedele espressione sul territorio di Larosa e autorevole interfaccia per risolvere problemi inerenti allo svolgimento di attività economiche, in particolar modo nel settore boschivo, nell’ambito del taglio e della vendita della legna; attività, come noto, molto diffusa nella catena collinare pre-aspromontana di quel versante della provincia reggina. Il materiale probatorio a suo carico avrebbe consentito di rivalutare elementi già emersi in pregresse attività investigative nel corso delle quali lo stesso sarebbe risultato avere contatti con i piùautorevoli referenti della ‘ndrangheta reggina, nonché di essere in possesso almeno della dote del “trequartino.

Dalle indagini, sarebbe inoltre emersa, nel contesto della Locale di Grotteria, la figura di Salvatore Bruzzese, conosciuto come Salineri, già coinvolto in indagini in materia di associazione di stampo mafioso e ritenuto l’attuale reggente della struttura criminale grotterese operante nel Mandamento Jonico. Le conclusioni del GIP di Locri non sono state condivise dal GIP di Reggio Calabria anche alla luce degli ulteriori approfondimenti eseguiti dal ROS dopo la sua scarcerazione che avrebbero consentito di rafforzare ulteriormente il quadro probatorio a suo carico, confermando – secondo gli inquirenti – la fondatezza della tesi accusatoria già delineata nel precedente provvedimento di fermo. E sarebbe proprio il fratello Raffaele, da anni in Lombardia, a indicarlo con un ruolo di primo piano nella ‘ndrangheta di Grotteria, con ampie disponibilità economiche.

Infine, sempre a quest’ultima organizzazione grotterese, apparterrebbe anche Vincenzo Carlino, già condannato per omicidio e armi, commerciante, che avrebbe avuto il compito di curare i rapporti con i referenti di altre articolazioni dell’associazione mafiosa stanziali in Lombardia, prendendo anche parte attiva a riti di affiliazione e a cerimonie di conferimento di “cariche” e “doti” di ‘ndrangheta.

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