Cultura e spettacoli

C’era una volta una moglie che si meritava una punizione: “Barbablù 2.0” a Cantù

Barbablù

“Fra tutti i crimini contro l’individuo che questa società democratica sembra assorbire senza troppo scomporsi, digerendo i fatti sanguinosi con atavica assuefazione, ci sono i delitti contro le donne” scrive Magdalena Barile nel presentare il suo BARBABLU’ 2.0 lo spettacolo con Antonio Grazioli e Laura Negretti che mercoledì 25 novembre alle ore 21.00, in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, va in scena al Teatro San Teodoro in collaborazione  con TELEFONO DONNA di COMO.

E’ cosa nota che la maggior parte delle violenze contro le donne sono perpetrate da mariti o fidanzati dalla facciata irreprendibile e la storia di questo Barbablù è proprio quella. Come una favola, ma senza lieto fine

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C’era una volta un uomo con la barba dai terribili riflessi blu.
C’era una volta un uomo che aveva avuto tante mogli: dicono sette ma forse anche di più…C’era una volta una porta chiusa che per nessun motivo deve essere aperta. 

C’era una volta una moglie talmente tanto curiosa da meritarsi una punizione.
C’era una volta una stanza piena di orrori.

C’era una volta un lieto fine.

Questo è quello che quasi tutti rammentano della favola di “Barbablù”, assieme al vago ricordo di aver letto, ad un certo punto dell’infanzia, una storia che ammoniva a non lasciarsi guidare dalla curiosità smodata.

Ecco invece cosa succede se si prende una favola che tutti conoscono e si cambiano alcuni addendi.

L’uomo questa volta forse non ha una barba dai terribili riflessi blu anzi, sembra così dolce, tenero e premuroso. L’uomo ha una sola moglie; una moglie talmente tanto innamorata da non accorgersi che forse quei riflessi blu ci sono per davvero.

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L’uomo pensa che è una gran fatica avere tante mogli e che al giorno d’oggi è molto più comodo averne una sola e farle provare, subire, sopportare, penare e patire tutte le violenze possibili e immaginabili: dicono sette ma forse anche di più…..

La porta chiusa rimane, in “C’era una volta…” come adesso; perché l’orrore che si consuma all’interno delle mura domestiche e dietro una porta che troppo spesso resta serrata, è così terribile che poche donne trovano il coraggio di spalancarla.

Nessun lieto fine!

 

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Teatro Comunale San Teodoro di Cantù –  via Corbetta 7

Mercoledì 25 novembre  ore 21.00

BARBABLU’ 2.0

di Magdalena Barile

con Antonio Grazioli Laura Negretti

regia Eleonora Moro

scenografia e progetto luci Armando Vairo

musiche originali Eleonora Moro *
*Ad eccezione di una traccia a cura di Claudio Daiano

costumi Dina Zaghi

progetto teatrale Laura Negretti

assistente alla regia Sara Panetta

Produzione Teatro In Mostra

in occasione della

GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLA DONNA 

in collaborazione con

TELEFONO DONNA DI COMO

COSTO DEL BIGLIETTO

Intero    10 €

Ridotto    9 €

Prenotazioni

Mail – biglietti@teatrosanteodoro.it

Biglietteria – tel. 031717573  (Lun/Giov dalle 18 alle 21; Merc/Ven dalle 10 alle 13)

 

NOTE DELL’AUTRICE MAGDALENA BARILE

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Fra tutti i crimini contro l’individuo che questa società democratica sembra assorbire senza troppo scomporsi, digerendo i fatti sanguinosi con atavica assuefazione, ci sono i delitti contro le donne. E’ cosa nota che ogni giorno i media ci bombardano con le notizie di nuovi casi di uxoricidio; fidanzate, moglie e figlie, colpevoli di suscitare nei loro uomini-padroni spettri di infedeltà, ribellione, indipendenza, pagano con la vita la loro disubbidienza. Schiave ridotte a corpi senza volontà che non trovano e non possono trovare la forza di spezzare le catene perché troppo abituate a subire, soggiogate dalle cattive tradizioni e dalla mancanza di un’alternativa. Non spetterebbe al teatro sanare le piaghe sociali ma chi lo fa e lo frequenta, lo sa: la natura del teatro è quella di scardinare la realtà, rappresentandola, e costringendola così a ripensare se stessa.
Quando Laura Negretti mi ha commissionato la scrittura di questo testo, aveva già in mente molto chiaro, che per parlare di donne maltrattate non avremmo dovuto cominciare dalla cronaca ma da molto più lontano, da molto più in profondità. Dalla tradizione popolare, dalla fiaba di Barbablù, scritta da Charles Parrault nel XVII secolo. (Fiaba che curiosamente nasce come monito alle fanciulle di non lasciarsi guidare dalla troppa curiosità e oggi si presta perfettamente a essere una parabola sulle donne vittima di follia omicida da parte di mariti.)

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La figura di questo marito orco, Barbablù, che colleziona mogli assassinate nella stanza segreta del suo castello è stata per secoli suggestiva materia di riscritture, sceneggiature cinematografiche, riflessioni teoriche, spunti gotici e umoristici. Lavorare sulla riscrittura di un classico, rispondere alla sua chiamata, significa cercare nel contemporaneo tutte le possibili casse di risonanza per far rivivere i conflitti drammatici e le funzioni narrative originarie, facendole proprie con scelte stilistiche e formali. Esiste un teatro didattico che mostra allo spettatore come deve comportarsi, esiste un teatro sociale che mostra allo spettatore come “non” deve comportarsi e poi esiste il teatro tout court che racconta delle storie e lascia allo spettatore la libertà di giungere alle proprie riflessioni. Noi ci siamo ispirati a quest’ultimo modello.
La prima scelta è stata quella di ambientare il lavoro in una ricca provincia del nord di questo paese, evitando l’alibi della povertà, della dislocazione geografica e dell’ignoranza. Un mondo all’apparenza di assoluta armonia, di fiaba appunto, dove dietro le porte regnano meccanismi implacabili di violenza e sudditanza psicologica.
Per narrare il nostro Barbablù abbiamo scelto il “thriller”, il genere del mistero per eccellenza, per raccontare e scandagliare quello che per certi versi rimane davvero un mistero doloroso, una zona oscura della società ancora tutta da risanare. Di cosa si nutre ancora, nei tempi del progresso e delle pari opportunità, quell’incantesimo che ancora affossa volontà e ragione e trasforma le donne in vittime?
Barbablù 2.0 non è la storia di un marito violento e delle conseguenze delle sue azioni, ma la storia di un viaggio nella testa di una donna. La ricerca di un’identità forte che si è persa, sfilacciata fra violenze e soprusi che sono diventati la norma. Come in un giallo, la protagonista si troverà a ricostruire la dinamica di un omicidio, il suo, arrivando alla consapevolezza finale e terribile di esserne stata complice.

 

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