Cronaca

La riforma sanitaria non piace ai sindacati: “Solo disagi ai cittadini” (VIDEO E FOTO)

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Cgil, Cisl e Uil unite contro la riforma sanitaria. I sindacati confederali provinciali, infatti, lanciano un appello a consiglieri regionali, parlamentari e sindaci della provincia di Como, per modificare l’impianto della riforma. Un testo che se approvato, spiegano i rappresentanti delle tre sigle, non porterà nessuna ottimizzazione delle risorse economiche e non farà altro che portare a modifiche delle attività di ospedali e presidi pubblici e privati a discapito della salute dei cittadini. Preoccupazione anche sotto il fronte occupazionale nel caso alcune strutture venissero chiuse o ridimensionate.

Per quanto riguarda i punti che più preoccupano i sindacati al primo posto c’è l’istituzione di ATS (Agenzia di tutela della salute)  simili alle Asl ma con un ambito territoriale più ampio,che si occuperanno di programmazione, indirizzo e controllo. “All’interno delle ATS nasceranno le ASST, Aziende sociosanitarie territoriali, enti erogatori di servizi. Al momento, continueranno a chiamarsi aziende ospedaliere solo le strutture con più di mille posti – spiegano -. La riforma prevede la divisione della Provincia di Como in due realtà: da un lato l’accorpamento con Varese e Busto Arsizio con evidente perdita di autonomia della sanità comasca, dall’altro il distretto del Medio Alto Lario si dovrebbe unire a Sondrio e Valcamonica. Ridisegnare così il territorio crea disagio al cittadino ed evidenzia l’assenza di politiche sociosanitarie che tengano presente il ruolo fondamentale dell’Ospedale di Menaggio e quello del dipartimento di Salute mentale di Ossuccio e che, in maniera non troppo velata, rappresenta un ridimensionamento senza una prospettiva futura. Assente nella riforma il ruolo dei Comuni”.

 

La gestione del sociale attraverso gli attuali Piani di Zona, già complessa e poco coordinata con i distretti ASl, secondo i sindacati, con questo nuovo assetto territoriale farà venir meno i punti di riferimento per i bisogni dei cittadini. La riforma, inoltre, non interverrebbe sulla riduzione delle rette delle RSA e sui ticket.

“I sindacati chiedono di usare le risorse della Regione a favore di chi fa più fatica a rispondere ai bisogni di salute. Dalla politica delle parole bisogna passare ai fatti. No alla revisione del ticket subordinata all’aumento del gettito fiscale, come previsto dal disegno di legge regionale – aggiungono Cgil, Cisl e Uil -. È inaccettabile rivedere la compartecipazione alla spesa sanitaria attraverso un aumento delle tasse. Il riordino del servizio sanitario regionale deve essere l’occasione per valorizzare, attraverso il coinvolgimento degli operatori e la contrattazione, l’impegno e la professionalità di chi lavora nel servizio sanitario. Non si garantiscono i servizi subordinando la stabilizzazione dei precari e la sostituzione di quelli cessati a disponibilità economiche che si vogliono ridurre. È rimasto invariato il sistema delle nomine dei direttori generali: è il merito che va premiato mentre il ruolo della politica deve essere ridimensionato. Inoltre, non si riducono le liste d’attesa, non si dice nulla sulla prevenzione e chi ha patologie rare e croniche, chi è portatore di fragilità psichiche non sarà aiutato”.

Secondo i segretari provinciali, insomma, l’obiettivo centrale della riforma doveva essere il rafforzamento dei servizi territoriali. In realtà il disegno di legge regionale andrebbe in direzione opposta, allargando gli ambiti territoriali e annullando la presenza dei distretti sul territorio, a discapito del servizio per il cittadino.

“E in questa situazione di caos, a chi si rivolgerà l’utente? – concludono i sindacati -. Questa proposta non delinea un’ottimizzazione delle risorse economiche, in un’ottica di miglioramento del rapporto costi/benefici. Dà l’impressione di procedere solo verso una diminuzione della spesa sanitaria e socio-sanitaria capace di penalizzare sia gli ospedali privati (Valduce, Fatebenefratelli, Villa Aprica, per esempio) che i presidi ospedalieri pubblici (San Fermo, Cantù, Mariano, Menaggio, per esempio), che subiranno un ridimensionamento delle attività e delle funzioni oggi svolte, a scapito della salute dei cittadini”.

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